Crisi Melegatti I fratelli Turco si fanno avanti
«Pronta una cordata veneta per salvare l’azienda». Chiesta azione di responsabilità contro la presidente
VERONAI fratelli Michele e Francesco Turco sono pronti ad assumere il controllo della Melegatti. I due, oggi soci di minoranza della storica azienda dolciaria (detengono il 16%, ma complessivamente la famiglia Turco controlla circa il 30%), sono a capo di una cordata, formata da veronesi e veneti, pronta a investire nel marchio. «C’è il nostro impegno – ha confermato Michele Turco, ieri, in una conferenza stampa davanti a un gruppo di lavoratori – per rilanciare la Melegatti e per salvaguardare i posti di lavoro».
VERONA I fratelli Michele e Francesco Turco sono pronti ad assumere il controllo della Melegatti. I due, oggi soci di minoranza della storica azienda dolciaria (detengono il 16%, ma complessivamente la famiglia Turco controlla circa il 30%), sono a capo di una cordata, formata da veronesi e veneti, pronta a investire nel marchio che ha inventato il pandoro. «C’è il nostro impegno – ha confermato Michele Turco, ieri, in una conferenza stampa davanti a un gruppo di lavoratori – per rilanciare la Melegatti e per salvaguardare i posti di lavoro. La crisi attuale è frutto di scelte sbagliate ed errori, ma con il supporto di tutti vogliamo raggiungere l’obiettivo. Speriamo di farlo in breve tempo». L’orizzonte temporale è quello del 30 ottobre, data in cui è stata convocata l’assemblea dei soci, ma fratelli Turco e dipendenti sperano che si possano accelerare i tempi. «Il cda è già scaduto – ha chiarito Turco – bisogna fare in fretta e che al più presto venga confermata la data». Perché la situazione è più complicata del previsto: i legali della famiglia fanno sapere, infatti, che già in passato l’assemblea è stata posticipata più volte e che proprio ieri alle 15 scadevano i termini, entro i quali, i membri del cda avrebbero dovuto rispondere alla richiesta di convocazione dell’assemblea e di approvazione del bilancio 2016. Il messaggio di posta pec conteneva anche la comunicazione dell’avvio di un’azione di responsabilità proprio nei confronti dei vertici dell’azienda. Non essendo giunta alcuna risposta entro i tempi stabiliti, i due fratelli hanno deciso di uscire alla scoperto. A dire la verità, hanno fatto sapere i legali, già l’anno scorso i fratelli Turco avevano provato a rilevare l’azienda facendo valere il diritto di prelazione nei confronti di un gruppo industriale vicentino che si era dimostrato interessato all’acquisto del pacchetto di maggioranza di Melegatti. La volontà esplicita di mantenere quell’intento è giudicata positivamente dai sindacati. «I danni si possono recuperare grazie alla forza di questo marchio, che è un grande patrimonio italiano, e alla qualità dei prodotti. Non abbiamo ancora tutte le risposte, ma un primo passo è stato fatto». Anche la presidente di Melegatti, Emanuela Perazzoli si era dimostrata fiduciosa sulla possibilità di ripresa dell’azienda: «Stiamo attraversando un momento
di crisi, che era prevista, ma partiremo con la produzione a pieno regime a metà novembre. Come sempre a Natale il pandoro Melegatti sarà sulle tavole italiane». Tuttavia, se si considera il 15 novembre come momento di avvio della campagna natalizia dei pandori, i tempi sembrano molto limitati. Intanto, però, già da lunedì buona parta dei lavoratori, oggi in cassa integrazione, sono stati richiamati nello stabilimento di San Giovanni Lupatoto. Dovranno far fronte a una commessa di 200 mila pezzi e per questo dovrebbero lavorare la prossima settimana.
Ma anche in questo caso, la situazione appare più complessa del previsto. «La cosa strana – hanno detto i sindacati – è che produrremo per un marchio che fa riferimento al gruppo Dal Colle. In pratica, i dipendenti Melegatti dovrebbero lavorare per la concorrenza. E visto che attendono due mesi di stipendi arretrati, dovrebbero farlo praticamente gratis». Anche per questo, l’umore dei lavoratori, ieri, era particolarmente inquieto. Si deciderà lunedì se tornare in fabbrica o meno.
Caos Operai richiamati al lavoro ma per una commessa a favore del concorrente Dal Colle