Cattolica, il titolo vola e Cariverona sdogana la spa
Il dg Marino: «Sì alla trasformazione, se crea valore». E dopo il blitz di Buffett il titolo vola: +17,3%
VERONA Il ciclone Buffett si abbatte su Cattolica: in Borsa giornata frenetica di acquisti che ha fatto letteralmente decollare il titolo (+17,3% in chiusura) dopo l’acquisto della quota ex Bpvi da parte del magnate di Wall Street. E intanto Fondazione Cariverona, secondo socio con il 3,4% in un ventaglio di azionisti rilevanti che sta prendendo campo, «sdogana», con il direttore generale Giacomo Marino, l’ipotesi di trasformazione della cooperativa in spa: «Bene, se valorizza il gruppo».
VERONA Il ciclone Buffett si abbatte su Cattolica. Mentre Fondazione Cariverona, secondo socio con il 3,4% in un ventaglio di azionisti rilevanti che sta prendendo campo, «sdogana», con il direttore generale Giacomo Marino, la trasformazione in spa: «Bene, se valorizza il gruppo». Si è ritrovata sull’ottovolante, Cattolica, ieri in Borsa, all’indomani della notizia che il guru della finanza Warren Buffett, con la General Reinsurance, braccio assicurativo della holding Berkshire Hathaway, aveva acquistato per 116 milioni il 9% dai commissari liquidatori di Popolare Vicenza, diventando il primo socio della cooperativa veronese. L’attesa era ovviamente ieri per la reazione della Borsa. E il mercato si è allineato subito alle scelte di Buffett.
Così ieri mattina Cattolica non riusciva ad entrare in contrattazione, per eccesso di rialzo (+23% teorico). Poi iniziava con un + 20%, salendo dai 7,35 dell’altro ieri a 9 euro. Poi il titolo oscillava sopra gli 8, chiudendo a 8,57 euro, +17,3%. In un solo giorno il valore di Borsa saliva di 181 milioni, a 1,2 miliardi. E di mano passava il 6,3%, 11 milioni di azioni rispetto alle 219 mila di giovedì. E si vedrà se sulla scena arriveranno altri soci rilevanti.
Ciclone buono, dunque, Buffett, per ora. Ma che costringe già a far i conti con la prospettiva che aspetta Cattolica. Primo elemento sottolineato dagli analisti ieri, come nel caso di Mediobanca, è che l’ingresso di Buffett è un segnale di fiducia verso il nuovo corso dell’ad Alberto Minali. Che sarà concentrato fino a fine mese sulla decisiva gara che Cattolica sosterrà per la partnership assicurativa con Banco Bpm. Su cui ieri si sono confrontati a colpi di fioretto, sullo scioglimento dei vecchi accordi, il direttore generale di UnipolSai, Matteo Laterza, che ha valutato in 700 milioni la propria quota del 50%, e quello di Banco Bpm, Maurizio Faroni, che ha dimezzato il valore.
Un successo per Cattolica nella gara, oltre a far voltare pagina nei rapporti con Banco Bpm, costituirebbe una base di rilievo per Minali su cui costruire il piano industriale al 2020. E si vedrà se sarà quella la sede dove troverà spazio il tema del passaggio da coop a spa, di cui si parla da due anni.
È l’altro tema di prospettiva rilevante. Su cui è tornato ieri il direttore generale di Fondazione Cariverona, Marino, intervistato dalla Rai. Facendo capire di guardare comunque con interesse alla prospettiva. «È una scelta che spetta a cda e assemblea dei soci - ha messo le mani avanti -. Noi crediamo che tutte le scelte che vadano nella direzione di valorizzare la società siano corrette. Nel momento in cui decideranno i vertici, in un senso o nell’altro, - purché siano scelte orientate a valorizzare l’azienda - saranno scelte accolte positivamente da Cariverona». L’ente ha valutato «molto positivamente» l’ingresso di Berkshire Hathaway. Che di fatto conferma tra l’altro «le scelte di investimento istituzionale» che la Fondazione aveva fatto ad aprile comprando una parte della prima parte della quota del 6% venduta da Bpvi, a 7,25 euro. Un segnale d’interesse, certo. Ma Marino ha fatto capire che va letto in un’ottica dinamica, non come investimento sullo status quo, ma sulla prospettiva. «Investimenti in società del genere vengono fatti con lo studio sui dati fondamentali e sulla prospettiva che aprono sostiene Marino da uomo di finanza -. Il fatto che la società stia a Verona o altrove conta relativamente. Come anche la questione dei cda. Conta che i board non siano cattivi. Ma gli investitori decidono sui numeri e sono più interessati a parlare con i manager».
La questione del modello, sottesa tra coop e spa, è destinata comunque a tener banco. Se svolte nel breve termine non sono attese, gli analisti, ad esempio di Akros e Imi, si attendono sviluppi nel medio termine. E non si escludono magari soluzioni di governo a cavallo, come una holding capitaria a monte di una spa operativa, in cui far accomodare i soci di capitale.