Vecchi capannoni nuova economia
Tremila stabilimenti abbandonati e la rivoluzione possibile: «Demolire e riqualificare si può anche in tempi brevi, ma mancano le idee»
I contenitori ci sono, anzi, la pianura veneta ne è piena zeppa: distese di tetti e fabbriche spesso produttive ma da diversi anni in costante declino e progressivo abbandono. Bisogna riempirli, ora, questi capannoni disseminati fra le campagne e le città, e non c’è solo la manifattura a colmare i vuoti: servono le idee, quelle su cui il Veneto di oggi deve puntare. L’ha spiegato con norme e codici alla mano l’avvocato Bruno Barel, partendo dalle varianti verdi, dalla legge regionale sul consumo zero del territorio e da un presupposto: «Vanno messi in contatto i mondi dell’offerta e della domanda di spazi, è una rivoluzione culturale prima che industriale. Anche demolire conviene, se ci sono idee e fantasia. Le leggi per farlo già esistono, bisogna saperle utilizzare». Barel era relatore ieri pomeriggio al convegno organizzato dalle associazioni confindustriali di Treviso e Padova all’ex Pagnossin, fabbrica di ceramiche diventata polo logistico della Zanardo. Il tema di fondo è che la quarta rivoluzione industriale non va letta solo nella tecnologia e nel digitale, ma nella rigenerazione degli stabilimenti abbandonati e improduttivi. Dopo cinquant’anni di disordinato sviluppo sul territorio è arrivato il momento della riconversione dei troppi capannoni in disuso, conseguenza di una profonda crisi e della trasformazione della manifattura. Ma al di là delle aspettative delle imprese, che chiedono alle pubbliche amministrazioni agevolazioni fiscali e facilitazioni burocratiche per affrontare il cambiamento, ci sono già strumenti dei quali approfittare.
«Per demolire un edificio basta una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) se il bene non è vincolato: tempo necessario un giorno - comincia ad elencare Barel -. Per modificare la destinazione d’uso di un immobile basta un contratto con il Comune approvato dal Consiglio comunale: tempo necessario dieci giorni, e dove c’era l’industria si può aprire una sala da ballo. Ci sono contributi per il risparmio energetico e il Sisma Bonus, ma ci sono più regole che idee». L’esempio che più sottolinea la versatilità del territorio e la scelta di abbandonare la rincorsa ai metri cubi è quello dei 1.100 ettari edificabili che sono ritornati area verde in quasi metà dei Comuni veneti: i sindaci hanno di buon grado rinunciato all’Imu sui terreni, i proprietari alle cubature. «Quella delle varianti verdi è un’inversione anzitutto culturale».
Secondo un’indagine di Confartigianato, in Veneto ci sono tremila capannoni abbandonati: «Un capitale improduttivo stimato intorno ai 13 miliardi – rileva infine Barel -. Rimettere in moto anche il 10 per cento di questo serbatoio di capitale significa rimettere ossigeno nelle arterie esauste della regione. Dobbiamo eliminare il concetto, ormai datato, che è meglio un metro cubo in più».
La legge sul consumo zero del suolo veneto è una sfida da cogliere per la presidente degli industriali trevigiani Maria Cristina Piovesana. «È importante e condivisibile ma va approfondita sul piano degli effetti e accompagnata – ha commentato -. Il territorio va ripreso in mano, ricucito e risanato. Dobbiamo affrontare il tema insieme, imprese, istituzioni, professionisti e società civile. Non basta una legge, per buona che sia, per determinare gli effetti di indirizzo e cambiamento che si propone di realizzare. Deve aggiungeresi al quadro normativo una cultura nuova, di consapevolezza e opportunità da cogliere. Oggi in molti casi l’edificazione esistente non è utile e non è riconvertibile ai nuovi fabbisogni, in qualche caso è meglio liberare il territorio e abbattere pouttosto che lasciare insediamenti impattanti sull’ambiente. Dovremmo consentire alle imprese che hanno programmi di crescita di realizzare obiettivi senza essere bloccate da vincoli normativi o da preesistenti volumetrie sul territorio. Servirà un forte investimento pubblico, soluzioni incentivanti per un efficace funzionamento dei crediti edilizi».
La conclusione dei lavori del convegno è stata affidata al presidente padovano Massimo Finco: «Dobbiamo crescere per poter diventare competitivi, cercare la grande dimensione per le sfide globali, andare oltre i localismi che sentiamo inadeguati. Ci sono leggi troppo lente, in cinque anni cambia tutto ma ci vogliono 5 anni per superare la burocrazia o vent’anni per fare un ospedale. Aziende e politica si scrollino di dosso ottiche di breve respiro». La risposta è arrivata dal governatore Luca Zaia: «Intanto siamo la prima Regione in Italia ad avere una legge per il consumo zero del suolo, vogliamo valorizzare quello che esiste facendo in modo che non solo l’archeologia industriale, delle zone produttive, ma anche quella residenziale venga rigenerata. I presidenti hanno ragione, il tema è la defiscalizzazione, servono norme ad hoc in finanziaria».
Piovesana (Unindustria Treviso) Non basta una legge, serve l’impegno di imprese e istituzioni