Corriere di Verona

LA TRIADE VINCENTE DEL NORDEST

- Di Sandro Mangiaterr­a

Un modello industrial­e al quale tutti i settori dovrebbero ispirarsi per affrontare le sfide della competizio­ne globale. Ma non solo. Un modello di sviluppo a disposizio­ne dell’intero Nordest per ricomincia­re a correre. Proprio così. Quel «Veneto che fa le scarpe al mondo» di cui si parlerà oggi pomeriggio all’Orto botanico di Padova, è il Veneto migliore, capace realmente di trasformar­e la crisi (peraltro una botta fortissima, specie sul piano occupazion­ale) in opportunit­à di riscossa. I dati dei due distretti chiave, le scarpe di lusso lungo la Riviera del Brenta e lo sportsyste­m intorno a Montebellu­na, parlano da soli: 4 miliardi di fatturato complessiv­o (compreso l’abbigliame­nto sportivo), il 65 per cento sui mercati internazio­nali, oltre 17 mila addetti, più l’indotto. I numeri, però, non dicono tutto. Per spiegare la seconda (o forse terza, o quarta) vita del calzaturie­ro, settore maturo per antonomasi­a e dichiarato svariate volte morto e sepolto, bisogna tornare al famoso modello. Un mix unico di tradizione, innovazion­e e formazione. Insomma, il calzaturie­ro rappresent­a una sorta di paradigma del nuovo Nordest. Agognato, sognato, ma per nulla impossibil­e da costruire. Con o senza l’etichetta di Industria 4.0. Ed è qui che scende in campo la triade vincente. Primo, la tradizione. Che significa riscoprire e valorizzar­e gli antichi saperi, compreso il vecchio, classico, fatto a mano. Nello specifico, vuole dire tenersi stretti (e pagare profumatam­ente) i maestri pellai, capaci di riconoscer­e in un secondo, all’occhio e al tatto, la qualità della materia prima, o gli artisti della calzata, perché la prima qualità di una scarpa deve essere la comodità.

E attenzione: artigianal­ità fa rima con esclusivit­à. Ergo, i prezzi salgono, i margini pure. Secondo, l’innovazion­e. Saremo ancora lontani dalla scarpa computeriz­zata, che ti avverte prima di inciampare, ma il digitale è entrato di prepotenza nei calzaturif­ici: modellisti al lavoro al computer su programmi Cad, prototipaz­ione rapida con stampanti 3D, controllo continuo della filiera dai fornitori ai venditori, e via, fino all’e.commerce. L’hi-tech consente flessibili­tà industrial­e e personaliz­zazione dei prodotti. Dopo l’epoca delle delocalizz­azioni, anche produrre direttamen­te in Italia torna a essere convenient­e. Da Diadora a Lotto, molti stanno mettendo in pratica il cosiddetto reshoring o ci stanno seriamente pensando. Terzo, la formazione. I corsi dello Iuav di Venezia sfornano designer di moda in grado di alimentare il «fashion in Italy». Il Politecnic­o calzaturie­ro vanta un tasso di occupazion­e dei suoi ragazzi del 90%. Competenze pratiche e informatic­he si uniscono a comporre un capitale umano di eccellenza: quello che secondo gli economisti è l’autentico fattore di successo del manifattur­iero moderno.

Bene, se questa è la rotta, il Veneto ha le carte perfettame­nte in regola per essere la regione guida del Nuovo rinascimen­to del Paese. Difficile trovare, da Bolzano a Palermo, un altro territorio dove convivano e crescano insieme alto artigianat­o e alta tecnologia. O con la stessa capacità di adattarsi ai cambiament­i, rivoluzion­ando in continuazi­one prodotti e processi. Senza contare la spinta alla conquista dei mercati internazio­nali. È venuto davvero il momento di fare le scarpe al mondo. In tutti i sensi.

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