Corriere di Verona

«Urne ambigue, aria di indipenden­za rischiamo di finire come la Catalogna»

Il comitato per l’astensione: «Il quesito è un bluff, non cambierà nulla»

- di Gloria Bertasi

I più giovani firmatari, anche volessero, il 22 non potrebbero votare: hanno solo 17 anni. Il più anziano ne ha 70 ma l’età media dei «Veneti per l’astensione» è bassa: i fondatori non arrivano ai 30 anni. Eppure, hanno le idee molto chiare e liquidano la chiamata alle urne in nome dell’autonomia del Veneto con un «è solo un’operazione elettorale».

«Nasciamo quest’estate come gruppo di ventenni», sottolinea Stefano Poggi, vicentino di 26 anni e referente del Comitato astensioni­sta. Perché dite di non votare?

«Perché non cambierà nulla, al contrario di quello che dice il presidente Luca Zaia, questo non è il referendum dei veneti, è dei politici e dei partiti. E ora lo dice anche Luciano Benetton. A noi è sembrato subito palese che questa consultazi­one non fosse altro che uno spot elettorale. E poi diciamocel­o, la conflittua­lità con il governo non porta autonomia, basta guardare a cosa accade in Catalogna».

Ma questo referendum è legittimo e non chiede l’indipenden­za.

«I messaggi della Lega sono fuorvianti, in pubblico dicono che non cercano l’indipenden­za ma negli incontri interni affermano ben altro. E poi basta guardare la data scelta per il referendum: la stessa del plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia del Veneto»

I promotori del «sì» sostengono che più saranno i votanti, più forza ci sarà per trattare con Roma...

«Il voto popolare c’è già stato nel 2015, ha vinto la Lega Nord e, con le minoranze di M5S e Pd, si arrivò all’85 per cento di preferenze a schieramen­ti che avevano federalism­o e autonomia nel loro programma elettorale: perché non hanno aperto le trattative prima? Il mandato c’era tutto. Questo dimostra la strumental­ità del referendum. Zaia era al governo anche prima: perché non ha avviato quando a Roma c’era il centrodest­ra il processo che millanta di fare oggi?»

Il vostro appello all’astensione è una voce fuori dal coro, tra i partiti la propongono una fetta del Pd a partire da Matteo Renzi, Mdp e Sinistra italiana, tutti gli altri, Chiesa compresa, sposano la causa dell’autonomia nella sussidiari­età. Qual è la vostra idea?

«Noi siamo per l’autonomia e che si apra subito il dibattito sulle forme con cui attuarla. Il quesito di Zaia chiede: vuoi l’autonomia? Che è come chiedere, vuoi bene alla mamma? Sarebbe bizzarro rispondere no. Ma prima va aperto il confronto con la società. Non dopo, come dice Zaia. Il voto del 22 è la prima tappa delle politiche del 2018».

Che ne dite dei sì di sindaci e presidenti di Provincia?

«Il mio sindaco, Achille Variati, si è prestato alla gita a Venezia per coprire Zaia. Di contro, la Regione non ha mai dato deleghe alle Province che ora convoca, permette a Belluno di votare per la sua indipenden­za solo per portare gente alle urne. Vogliono che il governo rifiuti la trattativa, per poi dire: votate noi. L’autonomia però è una cosa seria».

Poggi

È un referendum dei partiti, non dei veneti. È solo uno spot elettorale Avrebbero potuto trattare già prima con il governo per l’autonomia

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Il referente Stefano Poggi, vicentino di 26 anni e un passato da bersaniano, è per l’astensione

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