Vendemmia più magra soffrono Soave e Bardolino La Valpolicella limita i danni
«Una condizione del genere si manifesta una volta ogni cento anni: in ogni Paese d’Europa, tranne forse in Spagna, la produzione di uva è in drastico calo». A sottolineare l’eccezionalità dell’annata 2017, Luciano Piona, presidente del Consorzio del Custoza, al termine di una vendemmia che, anche nella nostra provincia, è stata «anomala» e condizionata dai cambiamenti climatici.
Il caldo inconsueto d’inverno, poi le improvvise gelate di inizio primavera e, per concludere, un lungo periodo di siccità accompagnato da alte temperature estive hanno messo a dura prova le viti veronesi e le sue Doc. I cali produttivi dei vigneti sono venuti di conseguenza.
Tuttavia, guardando gli effetti dei cambiamenti climatici nelle regioni attorno a Verona, si può dire che il nostro territorio è stato in qualche modo risparmiato. In linea generale, i numeri dicono che le varietà di uve precoci sono state le più colpite dalle bizze del tempo, mentre le varietà tardive hanno retto meglio le difficoltà. Per dirla con il presidente di Cia Verona Andrea Lavagnoli, anche Verona deve fare i conti con «una generalizzata, ma non pesantissima diminuzione delle quantità, caratterizzata da grappoli con un peso tendenzialmente sotto la media. Le gelate, la siccità e la grandine hanno collaborato a questo risultato».
Calo nella produzione, ma non del 40%-50% come denunciano i territori vicini, ad esempio la Franciacorta o le doc venete. Eppure una minor produzione c’è stata e, anche se per adesso si tratta ancora di stime, risulta che la doc Bardolino abbia subito cali di produzione importanti: in alcune zone, colpite in particolare dalle gelate tardive, la perdita di uve arriva al 30%. «Anche il Pinot grigio delle Venezie – sottolinea Christian Marchesini, presidente dei viticoltori di Confagricoltura Verona e Veneto – ha avuto un calo importante, attorno al 30%, compensato però da un aumento dei prezzi corrispondente, dovuto soprattutto alla mancanza di prodotto. Oggi le uve valgono attorno ai 70 centesimi».
Per la Valpolicella, invece, il 2017 è stato un anno tutto sommato fortunato. La collina ha sofferto meno sia le gelate che la grande calura (cosa che vale parzialmente anche per le colline del Soave) e così ai rossi veronesi non è andata poi male. Il calo produttivo, a seconda degli areali, è stimato fra il 5 e il 10%. «Dal punto di vista della siccità – chiarisce Marchesini – non ci sono stati grossi problemi perché l’80% dei vigneti è irrigabile». Le uve, tuttavia, come ha sottolineato più volte il Consorzio, sono risultate molto sane, senza problemi di malattie. Ad Est, sui territori del Soave e del Durello, invece, la stima è che la perdita produttiva sia stata superiore. «Attorno al 10, forse il 15% - riassume il direttore dei due Consorzi di tutela Aldo Lorenzoni – per un’annata che assomiglia molto a quella del 2015 con vini più rotondi e corposi e un po’ meno acidi. Alla fine conteremo qualche vasca in meno, ma la qualità c’è».
Le minori quantità nei vigneti hanno determinato variazioni, anche importanti, dei prezzi. «I prezzi dei vini base – analizza Piona – sono quasi raddoppiati il che indica che l’offerta è inferiore alla domanda. A livello europeo, le catene della grande distribuzione hanno dato il via libera ad acquisti con rialzi del 30%». Il che significa che, almeno dal punto di vista della remunerazione per i produttori, l’annata 2017 potrebbe diventare parecchio interessante.
Piona Una condizione del genere si manifesta ogni cento anni
Lorenzoni Conteremo qualche vasca in meno ma la qualità c’è