Corsa al referendum adesso la Lega si divide sull’affluenza
Salvini: il 51 per cento sarebbe già un successo Giorgetti: Zaia e Maroni si giocano tanto
«Un’affluenza sotto al 60 per cento dovrà essere considerata come una sconfitta». Il vicesegretario della Lega, Giancarlo Giorgetti alza la soglia del referendum. Ma nelle stesse ore Matteo Salvini, a Vicenza, precisa: «Il 51 per cento sarebbe già un successo». Autonomia, la Lega si divide sul quorum.
«La cosa più bella di questo referendum sapete qual è? Il quorum. Perché il quorum comporta un’assunzione di responsabilità da parte dei veneti, chiamati a decidere del proprio destino. La Storia ci offre una pagina bianca, sta a noi scriverla». Il governatore Luca Zaia l’ha detto e ripetuto più volte in queste settimane, rivendicando con orgoglio la scelta di applicare al referendum (solo consultivo) di domenica prossima le stesse rigide regole dei referendum nazionali, non solo quanto all’allestimento dei seggi e all’uso delle schede cartacee ma soprattutto per il «numero minimo» di elettori necessario affinché la votazione sia valida. Crismi che, secondo il governatore, daranno all’esito finale, se positivo, la possibilità di ottenere dallo Stato il giusto riconoscimento.
E però visto quel che sta accadendo nella Lega forse non ha tutti i torti l’ex sindaco di Verona (ed ex segretario della Liga Veneta) Flavio Tosi a dire che «scegliendo di non mettere il quorum In Lombardia Maroni ha fatto la cosa giusta, perché così non si rischia di buttare via il referendum all’indomani e visto che si tratta di un chiaro messaggio di volontà autonomista, si può in ogni caso aprire la trattativa con lo Stato». Perché in Lega, su un aspetto essenziale come il metro di riferimento della vittoria e della sconfitta, non tutti la pensano allo stesso modo. Zaia, ben sapendo che è alle previsioni della vigilia che proveranno ad inchiodarlo il 23 ottobre l’opposizione e gli osservatori della politica, si è sempre rifiutato di dare numeri, anche davanti a richieste esplicite (l’ultima volta, a Vicenza, all’assemblea di Anci, si è infastidito per l’ennesima domanda sul tema). Matteo Salvini, leader del Carroccio ieri a Vicenza, si mostra molto cauto: «Il referendum è un’occasione unica, il coronamento di 30 anni di battaglie. La sera del 22 ottobre mi aspetto un risultato di affluenza superiore al 51 per cento. Anche il 50 per cento più 1 sarà un successo». E poi, quasi tradendo preoccupazione, scudiscia gli altri partiti favorevoli al Sì, accusati di non impegnarsi abbastanza: «Molti dicono di sostenere il referendum, dal Movimento cinque stelle al Pd e a Forza Italia, ma a parole. Per i voti bisogna parlare, spiegare, incon-
trare, e noi siamo gli unici a scendere in piazza».
Parla invece con estrema chiarezza il vice di Salvini, Giancarlo Giorgetti, durante un incontro organizzato dal comitato veneto di «Energie per l’Italia» alla Fornace Carotta di Padova, al fianco del leader nazionale del movimento Stefano Parisi: «Io dico che il semplice superamento del quorum in Veneto non rappresenterebbe affatto il raggiungimento dell’obiettivo - ha detto Giorgetti -. Sono convinto infatti che con il 51% molto difficilmente il governo centrale concluderebbe qualcosa: non si metterebbe nemmeno in ascolto. Perciò ritengo che un’affluenza sotto al 60% dovrà essere considerata come una sconfitta». Parole di peso perché il 60% degli aventi diritto non è poco. Volendo dare un riferimento, significherebbe portare alle urne tutti coloro che andarono a votare alle ultime Regionali. Anzi, qualcuno in più: nel 2015 timbrarono la tessera elettorale poco più di 2,2 milioni di veneti, cioè il 57,16% degli aventi diritto.
E Giorgetti (che non sapeva delle parole di Salvini e viceversa) non si è fermato ai numeri. Alla domanda successiva, e cioè quanto si giocano politicamente in questa partita i governatori delle due regioni che hanno promosso il referendum, Roberto Maroni per quanto riguarda la Lombardia e proprio Zaia per il Veneto, il vicesegretario della Lega ha replicato con la stessa chiarezza evangelica. «È inutile girarsi attorno o fare tanti giri di parole – ha affermato Giorgetti – Zaia e Maroni si giocano tanto. È evidente che se il popolo non risponderà si troveranno a pagare in pieno. D’altronde questa è la democrazia, è il bello della democrazia». Poi la chiosa: «Sia chiaro comunque che il fallimento del referendum per l’autonomia rappresenterebbe soprattutto la sconfitta del popolo veneto, non quella di Zaia. Sarebbe la pietra tombale su tutte le future rivendicazioni. I veneti devono capire che si tratta di un’occasione che non tornerà più, e che ci vorrà forse la prossima generazione». Giorgetti poi è sembrato pronto ad accogliere la proposta lanciata da Parisi, quella cioè di un’assemblea costituente («Con immunità parlamentare») per rivedere l’intera architettura istituzionale: «Ci vuole una riforma in senso federalista» ha affermato Parisi.