Corriere di Verona

Piera, uccisa per sbaglio dal marito

Morta l’anziana travolta dal coniuge sulla rampa del garage. «Erano sempre insieme»

- Petronio

«Erano sempre insieme, sposati da una vita, non si lasciavano un attimo. Anche ieri (venerdì per chi legge, ndr) erano usciti assieme. Quando sono tornati lei è scesa dall’auto, come faceva sempre...». Racconta così quanto è accaduto uno dei tre figli di Piera Righetti e Guido Turrini. Ma venerdì mattina Guido, 86 anni, ha investito sua moglie Piera di un anno più giovane - sulla rampa del garage di casa, in via Aida. Lei è morta in ospedale ieri mattina.

«Aiuto». Lo hanno sentito urlare, El Mahdi. E nel buio della notte lo hanno visto in piedi sul ciglio della strada. «Urlava, poi sono passate delle auto. Lui non c’era più...», racconta Antonio Tregnaghi. Di fronte a casa sua, in via Moschina 6 a Montecchia di Crosara, l’altra notte alle 3,30 El Mahdi El Hamra, marocchino di 23 anni, è morto dopo che l’auto che conduceva è finita in un fosso. Un incidente in cui sono rimasti feriti anche due suoi amici. Due connaziona­li di 22 anni, uno dei quali ha riportato traumi profondi ed è stato ricoverato in rianimazio­ne in Borgo Trento. È al vaglio dei carabinier­i della stazione di San Giovanni Ilarione, la dinamica di quella che in un primo momento altro non era se non una fuoriuscit­a autonoma e che poi si è complicata con la morte di El Mahdi. Perché quel ragazzo che chiedeva aiuto, poi è caduto in mezzo alla strada. Una provincial­e, via Moschina. Che nonostante la portata di traffico, in quel tratto non ha illuminazi­one.

E mentre El Madhi era a terra è arrivata un’auto. «Schiacciam­ento», è il termine tecnico. Quando sul posto sono arrivate le tre ambulanze medicalizz­ate mandate dal 118, per il 23enne non c’era più nulla da fare. L’amico che viaggiava al suo fianco è rimasto incastrato in auto e sono dovuti intervenir­e i vigili del fuoco, per estrarlo. È stato intubato e portato a Borgo Trento. Il terzo amico era sul sedile posteriore. È uscito da solo, dall’auto. I soccorrito­ri lo hanno fatto salire dal fosso e lo hanno portato in ospedale a San Bonifacio. È l’unico che può raccontare quanto sia accaduto l’altra notte. Ma conosce poche parole d’italiano, ed è sotto choc. Ai carabinier­i che lo hanno sentito con un interprete ha solo detto che l’auto è uscita di strada, che lui ha sentito un botto, che è uscito e ha visto le luci delle ambulanze. Da quando ricostruit­o El Mahdi ha perso il controllo della sua Fiat Punto dopo una curva, finendo in un fossato e contro il palo di un vigneto. «Il cane abbaiava - racconta la figlia di Antonio Tregnaghi, Arianna - e ho aperto le finestre. Ho sentito delle urla e ho visto quel ragazzo per terra. Era immobile, sembrava già morto. C’erano delle auto che si erano fermate e avevano chiamato i soccorsi...». Poi è arrivata l’altra auto. Quella condotta da un ragazzo della zona di 27 anni, che aveva appena finito il turno in fabbrica. Ai carabinier­i ha detto di aver sentito qualcosa sotto le ruote. Si è fermato. Pensava di aver investito un animale, o un tronco.

Era il corpo di El Mahdi. Sarà l’autopsia, disposta dal pubblico ministero di turno, a chiarire se il 23enne è morto per i traumi riportati nell’incidente o per quelli causati dallo schiacciam­ento. Su tutti e quattro i ragazzi coinvolti nell’incidente saranno effettuati i prelievi per stabilire la presenza di alcol o droga nel sangue.

Abitavano tutti e tre a Cologna Veneta, quei tre amici marocchini. El Mahdi era arrivato tre anni fa, con sua sorella e suo fratello. «Siamo venuti qui per aiutare i nostri genitori in Marocco - hanno raccontato -. Mahdi lavorava come operaio in una fabbrica che produce plastica. Ieri sera (venerdì, ndr) era uscito con gli altri due, come faceva sempre il fine settimana. Si trovavano con altri ragazzi marocchini per passare un po’ di tempo insieme. Era un tipo solare, gli piaceva la compagnia, sorrideva sempre... Adesso vogliamo capire come è morto. E poi lo riporterem­o in Marocco, da nostra madre e nostro padre...».

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