Medici, la festa e l’allarme «I giovani dovranno emigrare»
Burocrazia e crisi professionale, allarme alla Giornata dell’ordine. E il presidente Mora attacca la Regione
La «giornata del medico e dell’odontoiatra», evento con cui l’ordine professionale scaligero celebra l’ingresso delle nuove leve (e il pensionamento dei decani), ieri è stata l’occasione anche per una dura analisi della situazione e di una reprimenda in particolare nei confronti della Regione da parte del presidente Roberto Mora, che contestualmente ha annunciato il suo ritiro dalla carica.
L’occasione è quella di una festa. Di un pomeriggio all’insegna della fraternità professionale per uno dei mestieri più antichi del mondo: 2.400 anni da quando un greco di nome Ippocrate si inventò un giuramento tutt’oggi recitato dai novelli «dottori».
Ma la «giornata del medico e dell’odontoiatra», evento con cui l’ordine professionale scaligero celebra l’ingresso delle nuove leve (e il pensionamento dei decani), ieri è stata l’occasione anche per una dura reprimenda, da parte del presidente Roberto Mora, che contestualmente ha annunciato il suo ritiro dalla carica: non si ripresenterà alle elezioni (e nel prossimo weekend si vota per il suo successore). Il clima, ieri alla Gran Guardia, non era dei migliori: i medici di famiglia (solo una parte dei presenti) sono sul piede di guerra per i disagi dovuti alle ricette telematiche e dopo lo sciopero «bianco» minacciano di chiudere gli ambulatori. Il tema è stato toccato anche da Mora: «La digitalizzazione e la dematerializzazione della ricetta ha detto - che nelle premesse dovevano favorire l’efficienza sono diventate un sistema che trasferisce sui medici compiti amministrativi che non gli competono e che sottrae tempo alle cure. Un sistema finalizzato al controllo delle decisioni con l’obiettivo di sviluppare una medicina amministrata, che mette sotto tutela le scelte e le misura con le leggi dell’economia. Inoltre, la riforma della medicina generale, doveva fornire il personale, soprattutto infermieri per gestire il carico dell’assistenza, ma si è arenata nelle sabbie della mancanza di risorse. I medici che hanno accettato la sfida e hanno fatto investimenti sulla strada della riorganizzazione sono stati abbandonati. E le loro proteste trovano come risposta provvedimenti che sembrano prese in giro, se non ritorsioni».
Ma nel mirino del presidente dell’ordine c’è anche l’attuazione del piano sanitario da parte della Regione, soprattutto per quanto riguarda i posti letto. «La promessa - ha proseguito Mora - era quella di reinvestire le risorse liberate in assistenza sul territorio, ma non è stata seguita dai fatti. I posti negli ospedali sono stati chiusi, quelli sul territorio non sono stati creati, e nella nostra provincia addirittura ne stati eliminati una quarantina. Le schede dell’assistenza ospedaliera sono state discusse, approvate ed applicate quelle che dovevano definire le risorse territoriali non sono state emanate, e a tutt’oggi non esistono. Ma mi preme sottolineare che non ci servono ospedali nuovi, ma il personale adeguato per far funzionare quelli che già ci sono».
Altro tema chiave: il ricambio generazionale. Ieri, sempre all’auditorium della Gran Guardia, sono stati premiati 28 medici che hanno compiuto cinquant’anni di professione e 120 giovani che hanno superato l’esame professionale (passaggio che avviene immediatamente dopo la laurea). Il futuro, però, non è per tutti roseo: « Una parte di loro - è il calcolo di Mora - probabilmente il 15%, migrerà all’estero in cerca di quelle soddisfazioni professionali per le quali ha studiato e che il nostro sistema non riesce più a garantire. Ogni anno una percentuale analoga entra in Italia provenendo da università straniere. Il nostro sistema didattico sforna ogni anno circa diecimila medici, e prevediamo di utilizzarne solo la metà perché il numero di posti accessibili nelle scuole di specializzazione è la metà. A peggiorare il quadro ci sono studenti Italiani iscritti alle facoltà di medicina e di odontoiatria di stati europei che non hanno l’accesso programmato, quelli che sono entrati al corso di laurea in sovrannumero per sentenze e non per meriti, quelli che provengono da percorsi formativi alternativi creati da istituzioni che adottano comportamenti al limite della decenza e della tolleranza».
L’appello Non servono nuovi ospedali, serve il personale