Corriere di Verona

Pampanin e le storie dietro il bancone da gelataio

- Presazzi

Il camice bianco con la «V» sul petto, occhiali e sorriso: «Cono o coppetta?». Una vita dietro al bancone, ma il primo ricordo di Walter Pampanin sulla sua storica gelateria è legato alle «retrovie». «Passavo le ore in laboratori­o, a pulire tutti gli attrezzi, le fruste e le ciotole» racconta Walter, il re del gelato veronese che ha deciso di celebrare in un libro la storia iniziata nel 1944 in quel chiosco tutto lamiera e vetrate di fronte ai giardini Lombroso. Proprio dall’altro lato di Ponte Garibaldi rispetto alla sua celebre gelateria dove ieri sera, insieme alla giornalist­a Agnese Ceschi che ha curato il volume, ha presentato l’opera. «La mia vita è stata tutta qui» commenta Walter, che a soli 15 anni, nel 1965, si era ritrovato a portare avanti da solo l’attività avviata nel 1944 da papà Florindo e dallo zio Ervino.

I due fratelli Pampanin, arrivati a Verona dal Cadore negli anni Venti, avevano deciso di puntare su quella specialità gastronomi­ca assai diffusa nel Bellunese. «Nel 1956, oltre al chiosco, decisero di aprire anche il negozio dove ci troviamo oggi - ricorda Walter -. Poi nel 1965, con la morte di mio padre, mamma Bianca (rimasta dietro il bancone fino a 80 anni, ndr) decise di chiudere il chiosco». Nasceva così quel «tempio del gelato» al civico 24 di via Garibaldi che ha documentat­o la storia delle maraje veronesi, le compagnie che si trovavano puntualmen­te da Walter per una serata davanti a una coppa di gelato o ai suoi celebri Eis spaghetti. «Li ho preparati per la prima volta nel 1976 e da allora la ricetta è rimasta sempre la stessa - sorride con un pizzico di orgoglio -. Lo zio mi aveva raccontato che a Milano andavano molto di moda queste coppe, me le descriveva minuziosam­ente e io, osservando uno schiacciap­atate in laboratori­o, provai a fare gli spaghetti a modo mio con una base di panna montata, gelato alla crema “schiacciat­o”, top di sugo di fragole e noccioline». Quel laboratori­o che è diventato il suo regno: «Non posso dimenticar­e l’odore del cacao che mi inebria quando prepariamo il cioccolato».

Una storia di veri e propri aficionado­s, ma anche di semplici turisti mordi e fuggi. «Qui sono passate generazion­i e generazion­i di veronesi. Oggi serviamo i nipoti e i pronipoti dei primi clienti: è un piacere» commenta Walter che proprio dietro al bancone ha trovato l’amore della sua vita: Gabriella. «Era stato lo zio a consigliar­le di venire da noi a cercare lavoro - ricorda -. Dopo pochi anni è scoccato tutto...». E la moglie è lì al suo fianco, giorno dopo giorno. Alle pareti le foto in bianco e nero che hanno fatto la storia di Pampanin. «La vede quella bambina di spalle con la gonna davanti al chiosco? L’altro giorno è venuta qui una signora e mi ha detto che era lei». Perché non c’è veronese che non sia stato almeno una volta da Pampanin. E i ricordi, nel libro, sono infiniti. Come quella volta che due ladri rubarono l’auto a un cliente appena entrato in gelateria e si schiantaro­no all’altezza di Avesa, o la visita della «divina» Maria Callas. Venerdì, sabato e domenica: sempre aperti (perché il giorno di chiusura storico è il martedì). «La vita l’ho passata qui, ma non ho alcun rimpianto. Sono in pensione da sette anni, ma non mi immagino altrove» conclude Walter. Firma le copie del libro e poi è lì di nuovo con la paletta in mano: «Prego signora, cono o coppetta?». «Prendo gli spaghetti».

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 ??  ?? Ieri e oggi Qui sopra (foto Sartori) Walter Pampanin con la moglie Gabriella dentro la sua gelateria in via Garibaldi. A destra, foto d’epoca del chiosco dall’altro lato del ponte, aperto dal papà Florindo, artigiano immigrato dal Bellunese
Ieri e oggi Qui sopra (foto Sartori) Walter Pampanin con la moglie Gabriella dentro la sua gelateria in via Garibaldi. A destra, foto d’epoca del chiosco dall’altro lato del ponte, aperto dal papà Florindo, artigiano immigrato dal Bellunese
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