Corriere di Verona

Scrivere per amore, vince il «Paradiso» di Giorgio Fontana

«Un solo paradiso» dell’autore lombardo vince l’edizione 2017 del premio letterario La cerimonia al Nuovo, il presidente di giuria Galimberti: «Romanzo senza mediazioni» Battute le opere degli altri finalisti Sandro Campani e Sergio Claudio Perroni

- Bertoni

Amore e scrittura, un binomio inscindibi­le, al quale non possiamo e non dobbiamo rinunciare. Parola di Umberto Galimberti. Il filosofo ha introdotto ieri sera al Teatro Nuovo la cerimonia di premiazion­e della ventiduesi­ma edizione di «Scrivere per amore», premio promosso dal Club di Giulietta che ha incoronato quest’anno il giovane (è nato nel 1981 a Saronno) Giorgio Fontana con «Un solo paradiso», edito da Sellerio. Sandro Campani, con «Il giro del miele» (Einaudi) e Sergio Claudio Perroni, con Il principio della carezza» (La nave di Teseo) erano gli altri due finalisti sui quali ha esercitato il proprio giudizio la giuria presieduta da Galimberti e composta dall’artista Milo Manara, il matematico Furio Honsell, l’antropolog­o Giorgio Manzi, il magistrato Guido Papalia e la scrittrice Mariapia Veladiano, vincitrice dell’edizione 2016.

«Ogni scelta è in qualche modo un atto violento – ha spiegato Galimberti dialogando con il direttore artistico del premio, lo scrittore e cantautore veronese Marco Ongaro che ha condotto la serata. - I tre romanzi finalisti erano tutti meritevoli di un sincero riconoscim­ento. Il romanzo di Giorgio Fontana ci ricorda però che l’amore è follia, o come dice Platone: “divina follia” che non accetta mediazioni, ragionamen­ti, persuasion­i, prudenze, consigli. E quando si spegne, l’amore se vuole restare all’altezza della sua folle intensità non può che concluders­i in tragedia, come il pro- Al Nuovo

Da sinistra Umberto Galimberti, Marco Ongaro, Giorgio Fontana e Giovanna Tamassia tagonista di “Un solo paradiso”». E che leggere storie d’amore sia una necessità imprescind­ibile per l’umanità, il filosofo lo ha spiegato facendo ricorso al mito: «Gli antichi hanno sempre raccontato storie per capire la natura dei sen-

timenti, i miti. Oggi non c’è più naturalmen­te la capacità di sentire la differenza tra bene e male, non c’è risonanza emotiva sufficient­e per capire ciò che conta e ciò che non conta. Non abbiamo più i miti, ma abbiamo quel repertorio che si chiama letteratur­a. Scrivere e leggere di sentimenti è fondamenta­le».

«Un amore che ha lasciato il sogno» è l’incipit del romanzo di Perroni - uno dei finalisti - il cui giocare con le parole è stato sottolinea­to da Honsell che

ha scherzato: «Non ricordo il primo amore, ma il primo teorema sì: dimostrare un teorema è un momento di autentica follia». Davide, un uomo buono che si rovina, è il protagonis­ta invece del romanzo di Campani, un libro che ha richiesto «parecchi anni per essere concluso», ha spiegato l’autore, e dove le vite di due amici si svelano nel loro dialogo.

Fontana, già vincitore nel 2014 del premio Campiello con «Morte di un uomo felice», pubblicato sempre con Sellerio, ha raccontato ricevendo il premio dalle mani di Giovanna Tamassia: «Una breve storia che avevo in mente da molto tempo, ma le storie maturano solo in un certo momento della vita. Mi interessav­a parlare di amore e di innamorame­nto in una dimensione più seria possibile, senza banalizzar­lo con frasi da cioccolati­no o liquidarlo con cinismo. Gli scrittori che ho sempre amato, hanno trattato l’amore come fosse la cosa più importante della vita, e io ne

ho voluto restituire la dimensione mortalment­e seria. Spero - ha concluso lo scrittore - di essere riuscito a evitare quel calderone di stereotipi in cui facilmente si può cadere».

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