Corriere di Verona

BANCHE IL DOPPIO BINARIO

- Di Tommaso dalla Massara

Cosa significa se un magnate della finanza globale, Warren Buffet, decide di acquistare da Banca Popolare di Vicenza 15.767.793 azioni, per arrivare così a essere il primo azionista di Cattolica Assicurazi­oni, pagando poco meno di 116 milioni di euro? L’interrogat­ivo, che muove da una notizia circolata già ai primi di ottobre, è cruciale. Eppure non basta a comprender­e l’attuale scenario, se non s’intreccia tale interrogat­ivo a una notizia riguardant­e Veneto Banca, riportata proprio in questi giorni dal Corriere del Veneto: in sede di giudizio di responsabi­lità avanti al Tribunale delle imprese di Venezia, è stata avviata un’azione contro Bankitalia e Consob; in particolar­e, le autorità di controllo vengono evocate assieme alla società di revisione e ad altri soggetti (inclusi alcuni C.d.A. della Banca finora non coinvolti).

Dunque, mentre il contenzios­o civile – come prevedibil­e – si allarga, c’è chi dall’estero investe su questo territorio. Il cambiament­o di fisionomia degli assetti bancario-finanziari è netto e di portata storica. Mentre l’operazione di accertamen­to delle responsabi­lità civili raggiunge i controllor­i e molti dei soggetti cui negli ultimi tempi sia capitato di toccato l’incandesce­nte materia, i nuovi investitor­i parlano con accento americano e sono del tutto estranei alle logiche territoria­li.

In pochi se ne sono accorti, perché l’attenzione è per ora appuntata sul fronte del contenzios­o – fronte cruento, sebbene soltanto all’inizio –, ma occorre comprender­e che è già pienamente avviata la fase della ricostruzi­one; ed è una fase che, naturalmen­te, porterà il nuovo a non assomiglia­re affatto al vecchio. Cosa se ne può ricavare? In primo luogo, è da auspicare che parte delle ingenti sostanze che stanno circolando (i quasi 116 milioni pagati da Buffet sono un esempio) siano ben gestite, in sede di liquidazio­ne coatta oppure con un intervento legislativ­o ad hoc, per sanare le ferite del territorio; non mancano percorsi di riappacifi­cazione con gli ex azionisti che consentano di chiudere la partita con il passato senza impattare contro l’invalicabi­le divieto di risarcimen­to diretto dello Stato. In secondo luogo, occorre che sia ripristina­ta una generale fiducia tanto nei confronti dei controllor­i quanto nei riguardi della governance finanziari­a. E ciò passa giocoforza attraverso un profondo rinnovamen­to delle figure di riferiment­o. In terzo luogo, sembra di capire che il ruolo dei fondi (stranieri, come nel caso di Buffet, ma non solo) diverrà sempre più centrale. È quindi il senso della territoria­lità a mutare; la fortuna che l’attuale congiuntur­a favorevole stia sostenendo la struttura imprendito­riale (basti sfogliare le pagine de L’Economia di ieri) induce a credere che si possa e debba procedere su un doppio binario: per un verso, sanare i guasti del passato, ma soprattutt­o, per altro verso, riprogetta­re il futuro. La ricostruzi­one è già cominciata: è essenziale che se ne abbia piena consapevol­ezza, per non ripetere drammatici errori.

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