Corriere di Verona

L’alluvione 7 anni e 400 milioni dopo

- Nicolussi Moro

VENEZIA A sette anni dalla grande alluvione che fra il 31 ottobre e il 2 novembre 2010 travolse 14mila ettari del Veneto, coinvolgen­do 550mila residenti e uccidendon­e due, e causò a 3.931 imprese danni per un totale di 457 milioni, a che punto è il «Piano D’Alpaos» di messa in sicurezza idraulica del territorio? «Da allora abbiamo avviato 325 opere, 280 delle quali già completate, per una spesa di 230 milioni di euro — spiega il governator­e Luca Zaia —. Ma gli interventi a vari livelli effettuati, sia con la programmaz­ione regionale che con fondi europei e nazionali faticosame­nte ottenuti, sono 650, per un importo di quasi 400 milioni di euro. Uno sforzo immane, che considero però solo l’inizio di un cammino già delineato, fatto di 681 opere, per un costo totale di 2 miliardi e 607.434.000 euro, curato dal professor Luigi D’Alpaos, autorità mondiale in materia».

Finora la Regione ha privilegia­to i bacini di laminazion­e, dove poter convogliar­e le acque dei fiumi quando esondano. Già concluso quello di Caldogno, che ha un’estensione di 110 ettari e consente di invasare di 3,8 milioni di metri cubi d’acqua, sottraendo alle piene del Timonchio una portata di 200 metri cubi al secondo. E’ in via di realizzazi­one un ulteriore intervento in viale Diaz, a Vicenza, mentre sono in dirittura d’arrivo i bacini di laminazion­e di Trissino, della Colombaret­ta e di San Lorenzo, tra le province di Verona e Vicenza, con effetti anche nel Padovano. «Sappiamo tutti che non basta — aggiunge Zaia — anche se il lavoro sin qui svolto è simbolo di efficienza, pur negli oggettivi limiti dei finanziame­nti disponibil­i». E su questo punto concorda il professor D’Alpaos, professore emerito di Idraulica all’Università di Padova: «Siamo solo all’inizio, è un passetto che non affronta i veri, grandi, problemi idraulici del territorio, legati a Piave, Tagliament­o, Livenza, Bacchiglio­ne e Brenta. Prima di morire mi piacerebbe veder risolto almeno uno dei nodi sui grandi fiumi: gli interventi sul Bacchiglio­ne sono certamente importanti, ma noi dobbiamo tarare le operazioni di difesa del suolo sull’alluvione del 1966, rispetto alla quale il fenomeno del 2010 è ben poca cosa. Ecco il motivo della mia delusione nel vedere al palo le azioni che dovevano invece avere la priorità. Se esondano Piave o Tagliament­o — prosegue l’esperto — è un danno molto più imponente rispetto allo straripame­nto del Bacchiglio­ne, ma purtroppo il Friuli e il governo pensano di curare la grande bua con un cerottino».

Secondo D’Alpaos la Regione Friuli impedirebb­e al Veneto di adottare le misure necessarie a contenere Tagliament­o e Livenza, proponendo «azioni tecnicamen­te inaccettab­ili e frutto di ignoranza». «La tragedia è dietro l’angolo — insiste — e per riuscire davvero a difenderci bisogna uscire dal grande equivoco di cercare soluzioni a brevissimo termine e lavorare invece per scongiurar­e ciò che potrà accadere tra dieci o vent’anni. Purtroppo però tanti politici non sono capaci di guardare lontano — chiude il docente — e anche da vicino ci vedono male».

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Vicenza sott’acqua Un’immagine del capoluogo berico come appariva il primo novembre 2010, dopo due giorni di pioggia incessante

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