Negli ambulatori già aperti 12 ore: «Siamo pochi, la Regione ha fermato tutto»
I medici «privilegiati»: si sono creati due livelli
Perché non tutti i malati cronici possono essere sottoposti nell’ambulatorio del proprio medico di famiglia, anche all’ora di cena, a una serie di accertamenti e test ottenendo l’esito in breve tempo?
Perché i pazienti di Fontanelle, nel Trevigiano, possono contare su un ambulatorio aperto dodici ore al giorno, dalle 8 alle 20, mentre quelli del vicino Comune di Vazzole no? Perché possono avere il «privilegio» di farsi medicare la ferita da taglio senza invece rivolgersi al pronto soccorso rischiando un’attesa di ore? «Chiedetelo alla Regione Veneto: si è creata una sanità su due livelli», sbottano i camici bianchi di famiglia. Il punto è che per il presidente della commissione Sanità, Fabrizio Boron, che accusa Roma, il problema sono i soldi: «Sono stati erogati solo 25 dei 100 milioni previsti per le attivazioni degli ambulatori h12», ha detto. Per i medici, però, così si è già creata una «differenza di trattamento». Ed è questo uno dei motivi principali per i quali i medici di famiglia sciopereranno il prossimo 8 e 9 novembre. Chi ha potuto beneficiare dei fondi, riuscendo a creare una «Medicina di gruppo integrata» si definisce «fortunato» ed è cosciente che sono molti i colleghi ancora in attesa dell’ok della Regione per raggiungere lo stesso obiettivo. «Ci sono 330 richieste ferme in Regione, ciascuna presentata da gruppi anche di 7-8 medici, ma si è arenato tutto, mancano i soldi» sbotta Giovanni Pisani, medico di base di Fontanelle, Treviso, membro del consiglio direttivo provinciale della Federazione italiana dei medici di medicina generale. Lui è stato il pioniere della Medicina di Gruppo integrata nella Marca – lo studio h 12 con 8 medici e quasi 12mila pazienti è stato inaugurato a marzo - e sarà tra coloro che aderiranno alla prossima «serrata». «Noi medici crediamo in questo cambiamento ma se si fa una progettazione non può bloccarsi così: se non ci sono soldi non arrivano le risposte» prosegue Pisani. Pronto a incrociare le braccia. «Sciopero perché tutti i cittadini siano trattati tutti in eguale maniera». Un tema molto sentito, in qualunque ambulatorio del Veneto ci si affacci. «Si era detto che si doveva passare tutti a questa forma associativa per il 2018, molti colleghi si erano già organizzati trovando una struttura adatta: è una possibilità che deve essere data a tutti - commenta il dottor Cosimo Guerra -; ecco perché sciopereremo compatti, garantendo comunque i servizi essenziali». Guerra coordina la Medicina di Gruppo integrata di Masarà, Padova, già Utap (unità territoriale di assistenza primaria). Tredici medici (alcuni dei quali mantengono una loro sede periferica nei comuni limitrofi) e un bacino assistenziale di oltre 18mila utenti, che possono contrare su segreteria e ambulatorio infermieristico (due impiegate e sei infermieri). Personale, questo, che per le Medicine di Gruppo integrate è a carico dell’azienda sanitaria. Nel pomeriggio di ieri a sottoporsi ad alcuni accertamenti c’era anche un paziente trattato con anticoagulanti, 73 anni appena compiuti. «Da quando sono in pensione accuso una serie di malanni ma per fortuna posso contare sulla mia “amica” Monica che mi fa tutti i controlli necessari ogni volta che vengo, mattina o sera che sia, così evito anche di presentarmi al pronto soccorso» sorride l’anziano riferendosi a una delle infermiere. E mentre in segreteria il telefono continua a squillare, con i pazienti che chiedono di fissare appuntamenti, si provvede a contattare quelli con patologie da tenere sotto controllo o quelli da sottoporre a screening .« Il paziente è valutato in tutto il suo complesso, e arriviamo ad anticipare i problemi attraverso la medicina di iniziativa, la prevenzione, e poi c’è sempre un medico nelle 12 ore – spiega Guerra - : è un modo diverso di lavorare, che richiede maggiore impegno ma che dà maggiori soddisfazioni. Tornare indietro è impensabile, e i primi a sollevarsi sarebbero i pazienti». A parlare dell’esperienza «molto bella ma al contempo massacrante» anche la dottoressa Raffaella Michieli, del centro «Mestre in salute» inaugurato in aprile. «Io e i miei 9 colleghi abbiamo iniziato a lavorare per la definizione del contratto con l’Usl tre anni fa e non è giusto che non debbano riuscirci anche altri – fa sapere – , così come non è giusto che alcuni pazienti vengano preclusi da questo tipo di assistenza. Così si rischia di creare una sanità su due livelli». Quanto alla mobilitazione commenta: «Sarà un disagio ma crediamo che le istanze siano corrette». Hanno scelto invece di astenersi i «Medici insieme Vicenza»: «Non vogliamo che i nostri pazienti siano costretti a venire due volte in studio perché non ci trovano - dichiara il dottor Mauro Loison -. E questo al di là delle motivazioni dello sciopero».
Il dottore Io sono fortunato, molti colleghi sono ancora in attesa
Il paziente Vengo in studio anche la sera, così evito l’ospedale