Abbracciano gli alberi per salvarli dal taglio Madre e figlie assolte: «Protesta gandhiana»
Si erano avvinghiate agli amati alberi sotto casa per evitare che venissero tagliati dai tecnici comunali, e per questo motivo una madre e le sue due figlie erano finite a processo con l’accusa di interruzione di pubblico servizio. Un processo che però si è concluso con un’assoluzione piena perché il fatto non costituisce reato.
Era un’assolata mattina di giugno del 2013 quando i tecnici incaricati dal Comune di Padova si sono presentati in due vie residenziali e molto verdi del centro storico. Avevano un compito: recidere il tronco di alcuni vecchi alberi ritenuti a rischio caduta.
Il loro intervento però non è ben accolto da una mamma e dalle due figlie ventenni. Hanno chiesto le ragioni di quello che a loro avviso era un vero e proprio scempio che avrebbe snaturato la natura di un quartiere che, non a caso, è chiamato proprio «Città giardino». E così, pur di difendere le piante, hanno tentato il tutto per tutto e hanno abbracciato i tronchi, rifiutando di spostarsi e impedendo così agli addetti al verde di portare a termine il loro funesto compito.
Un’azione dimostrativa che aveva fatto scattare una denuncia, appunto, per interruzione di pubblico servizio. Le tre donne erano quindi state rinviate a giudizio, ma lunedì il giudice le ha assolte. A convincerlo è stata la difesa del loro avvocato, Ernesto De Toni.
Il legale infatti si è affidato a due articoli della Costituzione, il 9 e il 32 che tutelano rispettivamente il paesaggio e il diritto alla salute. Le tre manifestanti, inoltre, non hanno dato vita a nessuna azione violenta, ma hanno semplicemente chiesto il motivo di quelle potature, limitandosi poi a un’azione di protesta passiva in perfetto stile gandhiano. Un particolare, questo, che ha fatto decadere tutte le accuse.