Corriere di Verona

FRUTTI STRANI TUTTE LE NUOVE RICETTE

L’ultimo libro dello scrittore veronese Morello Pecchioli spiega al pubblico come valorizzar­e i prodotti della terra oggi poco noti, come la ciliegia bianca, la cotogna (metà mela e metà pera), la giuggiola da cui deriva il famoso brodo

- Antonino Padovese

C’era una volta il brolo. Cos ì cominc ia il nuovo libro del giornalist­a e scrittore veronese Morello Pecchioli, «I frutti dimenticat­i. Conoscere e cucinare prodotti antichi, insoliti e curiosi» (199 pagine, 14,90 euro), pubblicato per i tipi di Gribaudo.

Il brolo, racconta Pecchioli, come ama definirsi un «archeogast­ronomo che fa il pendolare tra il presente e il passato», era «un orto magico e misterioso in cui crescevano dec ine d i p iante che producevan­o frutti fantastici di tutti i colori e di tanti sapori». Pecchioli ricorda che il brolo era circondato da un muro di sassi e che a custodire quel piccolo paradiso terrestre c’era un “gigante egoista”, che preferiva lasciar cadere i frutti piuttosto che finissero nelle mani dei bambini delle famiglie povere.

Oggi quei muri sono stati abbattuti, sono spariti anche i giganti e con la tradizione del brolo sono spariti anche i frutti. Una ricerca della Coldiretti dice che alla fine del XIX secolo si contavano 8 mila varietà di frutti. Oggi se ne contano appena 2 mila, quattro volte meno.

Così, dopo aver pubblicato, sempre per Gribaudo, un libro Delizie

Il budino, il petto d’anatra al melograno e le confetture di more sulle verdure dimenticat­e, Pecchioli ha fatto ulteriori ricerche bibliograf­iche, ha coinvolto un esperto come il professor Daniele Zanini, docente, naturalist­a e botanico, e ha dato alle stampe un altro elegante volume dedicato questa volta ai «frutti dimenticat­i», a quelle varietà che i nostri nonni trovavano facilmente sulle piante, che i nostri genitori ri-

cordavano di aver mangiato da bambini e che la nostra generazion­e non ha mai sentito nominare. O quasi. Ecco allora

l’anguria di Bagnacaval­lo, riscoperta grazie, dice la leggenda, a una famiglia di romagnoli emigrati in Canada, che portarono oltreocean­o i semi di questa pianta. C’è poi la biricoccol­a, nata da un incrocio avvenuto fra Seicento e Settecento fra l’albicocca provenient­e dall’Armenia con le susine.

È passata alla storia per una

canzone dello Zecchino d’oro edizione 1974, «La ciribirico­ccola». Pecchioli parla della carruba o del chinotto, di cui il 99 per cento conosce una bevanda un tempo molto in voga e di cui sempre il 99 per cento ignorava che fosse originato da un frutto, arrivato in Liguria dalla Cina (da cui il nome) o più probabilme­nte nato nell’area mediterran­ea come maturazion­e dell’arancio amaro. Sfogliando le pagine del libro, scopriremo il Calimero delle ciliegie, la ciliegia bianca, o la Cotogna, metà mela e metà pera, il fico d’India o la giuggola, da cui si ricava il famoso “brodo”. Come per il libro sulle verdure dimenticat­e, a ogni frutto, ce ne sono quaranta, corrispond­e una ricetta che lo esalta e lo valorizza. Gusteremo il

gazpacho con melone serpente, l’insalatona golosa di tortarello, il maraschino, le corniole in salamoia o la confettura di rosa canina. A curare le ricette è lo chef vicentino Dimitri Mattiello, giovane e creativo chef del ristorante Dimitri di Altavilla Vicentina.

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