I DUE CONTROLLORI DELLE EX POPOLARI
ARoma, nelle ovattate stanze di Palazzo San Macuto, sta accadendo qualcosa che non erano in molti a prevedere, anche soltanto poche settimane fa.In particolare, nella mattinata di giovedì 2 novembre si sono avvicendati dinnanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario presieduta da Pierferdinando Casini, dapprima Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria di Banca d’Italia, e, subito di seguito, Angelo Apponi, Direttore generale della Consob.
Ebbene, giovedì prossimo i due alti rappresentanti della vigilanza saranno sentiti nuovamente in sede di audizione, però in confronto diretto, perché possa emergere in modo più esatto se esistano contraddizioni e - nella misura in cui vi siano - come esse siano superabili, rispetto alla ricostruzione delle vicende che notoriamente hanno condotto a uno dei maggiori dissesti bancari della storia del paese; sicuramente la più tragica débâcle finanziaria della storia di questo territorio. Non era scontato che la Commissione avesse il coraggio di assumere questa decisione. E si tratta di una decisione che non potrà rimanere senza conseguenze. A cospetto di un’espressione di formale consonanza tra i due soggetti della vigilanza, non si faticano a vedere alcune faglie ricostruttive nelle due rappresentazioni.
La politica, dal canto suo, si muove a fatica nella linea di tensione tra l’esigenza di conservare credibilità nazionale al sistema di vigilanza e l’altrettanto forte necessità di dare risposta all’ineludibile domanda di verità. Come detto, nulla potrà rimanere senza conseguenze. Vale la pena di tenere a mente che – a tenore dell’articolo 82 della Carta Costituzionale – la Commissione d’inchiesta, formata in modo tale da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi parlamentari, può essere disposta su materie di pubblico interesse e, soprattutto, essa procede alle indagini e agli esami «con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’Autorità giudiziaria».
Dunque se è pur vero che gli esiti dei lavori della Commissione d’inchiesta rilevano anzitutto sul piano politico, è qui da sottolineare l’incidenza tecnico-giuridica dell’attività che è in corso di svolgimento: i poteri sono esattamente quelli dell’Autorità giudiziaria. Occorre poi non trascurare un dato cronologico: la Commissione parlamentare dovrà giocoforza esaurire i propri lavori prima dello scioglimento delle Camere, nel prossimo marzo. Lo scenario, dunque, è aperto e in rapido movimento.