Corriere di Verona

Aiuti, esenzioni, fondi Quando il Veneto era «area depressa» e pesava sullo Stato

- Monica Zicchiero

Quasi sei miliardi per il Mose , otto con le opere della salvaguard­ia della laguna. Per la Pedemontan­a lo Stato ha messo 600 milioni, 284 per il Passante, la Tav Brescia-Verona costerà 2,5 miliardi e 805 milioni il nodo Vicenza per l’alta Velocità sulla linea verso Padova. Per Popolare di Vicenza e Veneto Banca, lo Stato ha pagato all’acquirente Intesa 4,7 miliardi e ha emesso garanzie per altri 12. Non è stata esattament­e di manica corta, Roma, nei confronti del Veneto che oggi calcola un residuo fiscale di 18 miliardi (la differenza tra le tasse pagate dal territorio e quello che torna indietro sotto forma di trasferime­nti e servizi).

Come la Catalogna, oggi il Veneto è una regione ricca che non vuole più ripianare il deficit di reddito e di sviluppo del Meridione. Non è stato sempre così. A fine Ottocento il Veneto era la regione più povera del Nord, dice lo studio «La redistribu­zione del reddito tra Regioni» di Ada Bacchi. Il Pil della Liguria, la più ricca del Nord, superava del 54% quella del Veneto così come quello della Campania, la più ricca del Sud, superava del 53% quello della più povera, la Calabria.

La povertà assoluta divenne pian piano relativa, tanto che nel secondo dopoguerra grazie al piano Marshall ebbe 13 milioni di dollari sotto forma di prestiti alle aziende locali insieme a un milione di quintali di grano e 317 milioni di quintali di farina, il doppio rispetto ai 6,3 milioni che ebbe la Toscana per non parlare dei 300mila dollari dati alla Puglia. Si diedero più risorse alle regioni ricche e industrial­izzate (57 milioni al Piemonte) e meno a quelle povere (18mila dollari alla Lucania). I fondi furono distribuit­i nel 1951, anni nei quali il Veneto aveva performanc­e fiscali relativame­nte modeste: tra il 1951 e il 1953 si pagarono tasse per l’equivalent­e degli odierni 593 milioni di euro, dice lo studio del 2014 «Net Fiscal Flows and Interregio­nal Distributi­on in Italy» firmato da tre ricercator­i delle Università di Napoli, del Sannio e della Basilicata, Adriano Giannola, Domenico Scalera e Carmelo Petraglia. Per dare un’idea, la cifra in Lombardia nello stesso periodo è 8.341. Finiti i soldi del piano Marshall, il flusso di tasse pagate dai veneti si affievolis­ce: 63 milioni da 1958 al 1961, 66 nel triennio successivo, poi dal 71 l’ascesa a 716 milioni, negli anni Ottanta sale a cinque, sette miliardi e il top arriva nel 1995, 13 miliardi.

Il Veneto ha agganciato il miracolo economico come un motore diesel ma poi ha ingranato e la marcia è andata di pari passo con una serie di leggi: la 647 del 1950 finanziava opere straordina­rie di pubblico interesse nell’Italia settentrio­nale e centrale, la 991 del 1952 stabiliva provvedime­nti a favore dei territori montani, la 635 del 1957 estese alle zone montane depresse del Centro-Nord i benefici istituiti con la legge per il Meridione e nel 1966 la 614 concesse esenzioni fiscali per la creazione di posti di lavoro nelle zone economicam­ente depresse. A battersi come un leone il parlamento perché anche il Veneto avesse aiuti come il Sud fu Gavino Sabadin, Dc, ex sindaco di Cittadella: fu lui a coniare l’espression­e «il Veneto è il Meridione del Nord».

Con la legge del 1966 fece concedere l’esenzione totale dalle imposte per dieci anni alle imprese che sorgevano nei comuni dichiarati «area depressa». Furono scene da commedia all’italiana, quelle che si verificaro­no in quegli anni per far dichiarare il proprio Comune «area depressa». «I parroci andarono in massa a Roma per mobilitars­i per il proprio paese», racconta Giorgio Roverato, docente di Storia Economica all’Università di Padova che ha studiato l’impatto di quegli aiuti sull’economia del Veneto. Risultato, 489 Comuni su 583 in Veneto furono dichiarati area depressa, quasi l’84%. Grazie a quella legge di stampo «meridional­ista», nel 1974 Benetton costruì due stabilimen­ti a Cusignana di Giavera del Montello per i quali ebbe 350 milioni di finanziame­nto agevolato dall’Imi, come racconta Giovanni Favero in «Benetton: una storia a colori». Marzotto realizzò un nuovo impianto a Lonigo. I sindaci fecero a gara a concedere ulteriori agevolazio­ni, come gli allacciame­nti gratis alle utenze. E sorsero fabbriche in ogni campanile. «Ma quelle agevolazio­ni non diedero nessun impulso significat­ivo – assicura Roverato – Furono incentivi utilizzati da imprendito­ri che avevano già programmat­o investimen­ti richiesti dalla congiuntur­a (siamo a ridosso del boom economico) e li realizzaro­no intestando la nuova società alla moglie o ai figli». «Anche in Meridione dicono che i soldi della Cassa del Mezzogiorn­o non hanno portato sviluppo – ribatte con un sorriso Luciano Greco, professore di Scienze Economiche al Bo - Che abbiano portato benefici o no, quei soldi il Veneto li ha avuti. Punto».

Greco contesta la questione di soldi che è alla base della richiesta di autonomia e ha realizzato uno studio - «Il residuo fiscale nelle Regioni italiane» che smonta il mito dei 15-18 miliardi del Veneto: depurato dal debito pubblico, ogni veneto ha un residuo fiscale di 230 euro, ogni lombardo 3.345 euro. Senza contare che i veneti pagano meno contributi di quanto ricevano in pensioni , 1.330 euro pro capite in media. «È difficile che lo Stato riesca a creare sviluppo da zero, dando fondi o aiuti. E lo dimostra il fatto che, in Veneto, il Polesine non è come la zona della Pedemontan­a – conclude - Porre la questione nei termini di io ti ho dato, significa ragionare con gli occhi rivolti al passato, come in un divorzio. Con gli occhi rivolti al futuro, invece, bisogna ragionare su come ridisegnar­e i rapporti tra Regioni: se la Lombardia chiede i nove decimi delle tasse che paga, l’Italia va in default».

 ??  ?? La vecchia stazione di Mestre (Venezia). In quel periodo in Veneto ben 489 Comuni su 583 venivano considerat­i come area depressa dal governo centrale
La vecchia stazione di Mestre (Venezia). In quel periodo in Veneto ben 489 Comuni su 583 venivano considerat­i come area depressa dal governo centrale

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy