«Raid ultrà, li voglio in carcere»
Il sindaco Sboarina: «Linea dura e metodo Castelvecchio per individuare gli autori»
Dopo l’aggressione di domenica da parte di una quarantina di ultrà napoletani al caffè Oro Bianco di corso Cavour, il sindaco Federico Sboarina ha richiesto - e ottenuto, in via urgente, una riunione del Comitato per l’ordine pubblico in Prefettura. «Già da ieri - fa sapere - gli agenti della polizia municipale stanno lavorando in cooperazione con la Questura, utilizzando il “metodo Castelvecchio”». Il sindaco invoca la linea dura contro i responsabili, fino al carcere, mentre il questore Mangini smentisce ritardi nell’intervento della polizia.
Otto minuti di follia, con una calca di decine di persone (trenta secondo la polizia, quaranta secondo il gestore del bar) che cercava di abbattere la porta a vetro (fortunatamente antisfondamento) del Bar Oro Bianco, tra i ritrovi prediletti dei «butei» almeno per quanto riguarda il centro storico. Quel che resta, il giorno dopo è la porta, completamente ricoperta di adesivi gialloblù e di tifoserie gemellate, tutta scheggiata, ma ancora in piedi: e sono stati molti, nel corso della giornata, a passare per prendersi un caffè «solidale». Il gestore, Alan Ceruti, mostra calma, ma ancora non si raccapezza: «È stata un’azione premeditata e studiata, abbiamo avuto molta paura: a quell’ora il nostro bar era pieno di famiglie, non mancavano i bambini piccoli. E i minuti in cui siamo stati asserragliati dentro al bar mentre dall’esterno colpivano la vetrata con bastoni, ma uno di loro aveva in mano addirittura un coltello con una lama di quindici centimetri. Sarebbe stato d’aiuto sentirsi rispondere dalla polizia».
Sì, perché c’è anche quest’aspetto nella vicenda: l’intervento tardivo (secondo il gestore e gli avventori del bar) delle forze dell’ordine. Il questore Enzo Giuseppe Mangini ha risposto affermando che è stata correttamente evasa una prima telefonata, alle 14,35, fatto che smentirebbe il racconto di Ceruti. Insomma, la possibilità è che qualcuno dei tanti, magari dall’esterno, che hanno cercato aiuto, poi non abbia riferito al bar di essere riuscito a mettersi in contatto con gli agenti.
Rimangono però da spiegare i quaranta minuti - sempre secondo la ricostruzione de «L’Oro Bianco» - intercorsi tra la segnalazione e l’arrivo delle pattuglie. La questura fa sapere che volontariamente gli agenti non sono andati subito sul posto, cercando di intercettare altrove il gruppo.
Una spiegazione che non convince l’avvocato di Ceruti, Andrea Bacciga che nella sua veste di consigliere comunale (lista Battiti) ha presentato anche una mozione rivolta alla Prima commissione consiliare e all’assessore alla Sicurezza, Daniele Polato. Vi appare quella che è anche la versione delle persone presenti nel bar al momento del raid: «Più avventori hanno chiamato il 112 o il 113 non ricevendo risposta per quaranta minuti», vi si legge. E ancora: «Questi “piccoli supporter” (riferendosi ai presunti tifosi del Napoli, ndr) erano circa quaranta, pare quanto meno anomalo che prima non siano stati fermati dalle Autorità competenti». Alla luce della spiegazione fornita dalla polizia Bacciga prosegue dicendo che «il quadro non è ancora chiaro e che, anche se nel frattempo gli aggressori se n’erano andati, ci si sarebbe aspettato che qualcuno andasse a verificare i danni e a tranquillizzare gli avventori del bar. Non stiamo parlando di un episodio da sottovalutare: per fortuna non sono riusciti a entrare: ma poteva scapparci il ferito se non peggio».
Ha sorpreso barista e clienti anche la modalità con cui ha agito il gruppo, bloccando Corso Cavour con ben otto mezzi: tre furgoni, di colore nero, e cinque auto. Dalle prime verifiche, tutti risultano noleggiati. Le targhe sono in mano a chi si sta occupando delle indagini, ma potrebbero non essere sufficienti. «In teoria - sottolinea Bacciga - per noleggiare auto e furgoni servono documenti, ma chissà com’è andata».
A Ceruti risulta che almeno alcune auto siano arrivate da vicolo Disciplina: una piccola strada a senso unico che collega il corso a via Cattaneo, anch’essa percorribile a senso unico. E la direzione consentita è quella che proviene da piazza Bra: siamo dunque nel cuore della Ztl.
Nonostante l’aggressione in stile paramilitare, molti di loro sarebbero stati a volto scoperto: nessun segno distintivo, di alcuna tifoseria: mancavano, banalmente, perfino le sciarpe del Napoli. «Abbiamo capito chi erano e perché erano qui dall’accento - conclude Ceruti - ma molti di loro erano in giro anche dalla mattina ed erano venuti qui a fare un sopralluogo».
Ceruti Abbiamo avuto paura, al 113 non rispondeva nessuno
Bacciga Molte cose non tornano: andavano fermati prima