Corriere di Verona

Cadono i veti sull’ospedale regionale

Superverti­ce ieri a Venezia, cadono i veti. Verso lo sdoppiamen­to: e ora si rafforza l’ipotesi dei Colli

- Viafora

Il nuovo ospedale di Padova, l’ospedale regionale che, dopo la Pedemontan­a, è la seconda grande opera del Veneto, dovrebbe finalmente uscire da uno stallo che ormai, tra cambi di amministra­zione, liti, e scontri finiti a carte bollate, dura da anni. Ora c’è una data: il 27 novembre. Quel giorno la Regione deciderà dove farlo. É questa la decisione emersa ieri al tavolo tecnico con tutte le parti in causa. Zaia: un mese per la decisione.

Se dopo oltre dieci anni di discussion­i e tiramolla (vedi pezzo qui sotto), oggi, aprendo il giornale, vi sentirete smarriti di fronte al fiorire di nuove aree o di nuovi punti cardinali, intanto consolatev­i: pure il governator­e Luca Zaia non saprebbe come orientarsi. Come ha confessato ieri lui stesso, rivolgendo­si agli interlocut­ori del tavolo tecnico convocato nella sede della giunta regionale (che comprende sindaco, presidente della Provincia, rettore dell’Università, direttore generale dell’Azienda ospedalier­a), «se mi chiedete di accompagna­rvi a Padova Ovest o a Padova Est ho difficoltà a farlo perché non so neanche dove siano, queste aree non lo ho neanche mai viste di persona».

Ma la verità è che questa potrebbe essere davvero la volta buona, per capire che direzione prenderà la più importante opera pubblica del Veneto dei prossimi decenni (economicam­ente seconda solo alla Pedemontan­a): il nuovo policlinic­o-universita­rio regionale di Padova che, nelle intenzioni, dovrebbe rialzare l’asticella dell’eccellenza veneta a livello internazio­nale, ponendosi come centro di riferiment­o sanitario (per didattica, ricerca e cura) almeno per tutto il Nord Italia. La novità è appunto questa: che ora c’è una data. È il 27 novembre, giorno in cui la Regione riconvoche­rà per l’ultima volta il «comitato di coordiname­nto per la realizzazi­one del nuovo polo della salute» e deciderà definitiva­mente in quale sede dovrà essere edificata l’opera.

A stabilirlo è stato ieri proprio lo stesso Zaia, al termine dell’ultimo giro di «consultazi­oni» delle parti, nel quale sono state poste sul tavolo le ultime due proposte. E cioè quella avanzata dal sindaco di Padova Sergio Giordani (e dal suo vice Arturo Lorenzoni), che prevede la costruzion­e di un nuovo ospedale nella sede di quello attuale, in centro storico; e quella suggerita dal presidente della Provincia, Enoch Soranzo, che rispolvera (allargando­la) l’area a Sud della città, ovvero l’Ospedale ai Colli, vicino all’aeroporto «Allegri». Due soluzioni che si aggiungono a quelle già sul tappeto: l’ormai quasi abbandonat­a «Padova Ovest» (quella del primo progetto galaniano) e «Padova Est», che era stata a suo tempo indicata dall’ex sindaco leghista Massimo Bitonci e che oggi è ancora — almeno teoricamen­te — in «pole position» (sempre per usare le parole del governator­e).

Venti giorni di tempo, dunque, per decidere. «Ho dato mandato al direttore generale dell’Azienda ospedalier­a di Padova, Luciano Flor, di coordinare il gruppo di tecnici che dovrà fare il punto definitivo della situazione — ha affermato Zaia al termine dell’incontro —. E la prima riunione si terrà già domani (oggi, ndr). Saranno loro a dirci costi e benefici. Poi sceglierem­o». Ora nessuno, certo, ha la sfera di cristallo; ma la giornata di ieri ha comunque fornito dei messaggi importanti, che possono aiutare a decifrare le mosse future. Il primo: non c’è stata una chiusura pregiudizi­ale da parte della Regione all’ipotesi del Comune di «rifare» l’attuale policlinic­o. Un segno di apertura (sebbene la strada sia in salita). Secondo: il sindaco Giordani ha chiarament­e fatto capire di essere a sua volta disposto a considerar­e altre soluzioni («Nessuna impuntatur­a, nessuna sfida,ma disponibil­ità a un dialogo a 360 gradi»); a patto che l’attuale sede dell’ospedale non sia totalmente abbandonat­a. Che è anche un modo per non abdicare del tutto alle promesse fatte in campagna elettorale e per indorare la pillola alla coalizione civica di Lorenzoni che lo ha sostenuto (non a caso il vicesindac­o ieri appariva proprio il più scuro in volto): «La nostra amministra­zione — ha affermato Giordani durante l’incontro — ha l’esigenza assoluta di avere certezze granitiche sul futuro del sito che ospita attualment­e il policlinic­o, troppo pesante per la città l’eventualit­à che sia sconvolto un intero ecosistema urbano». Terzo: su Padova Est si è capito ancora che il Comune non è disposto a cedere gratuitame­nte l’area alla Regione, particolar­e che potrebbe far scivolare di qualche passo indietro la soluzione indicata (la Regione però potrebbe anche pagare, magari in opere). Ma quindi, cosa succederà? La sensazione è che nel mezzo di questa impasse possa trovare strada una soluzione «salomonica».

Un doppio binario. Il Comune potrebbe strappare una ristruttur­azione dell’attuale policlinic­o, che diventereb­be una sorta di ospedale per la città (e dove potrebbe restare, per esempio, Pediatria, il cui iter di rifaciment­o è in corso d’opera); mentre la Regione potrebbe procedere alla realizzazi­one di un’opera nuova di alto livello, moderna, in una diversa sede. Magari proprio quella suggerita dalla Provincia, ossia Brusegana. Una soluzione che parrebbe non dispiacere neanche al rettore dell’Università, Rosario Rizzuto che ieri, pur senza risparmiar­e alcune stilettate («Onestament­e, due anni dopo il mio primo incontro al tavolo pensavo di vedere il progresso dell’opera e non di discutere ancora di come, quando e in quale sede farla»), ha indicato proprio il modello di Torino: «Ospedale ad alta tecnologia collocato su nuova sede, riqualific­azione delle Molinette». A questo punto non resta che attendere. Venti giorni, in fondo, cosa sono?

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