Corriere di Verona

Il budget, la rosa e il ruolo dei tifosi

- Di Antonio Spadaccino

La vera svolta che può dare il Verona da qui alla fine del campionato è trasformar­si in un’entità unica, composta da società, allenatore, giocatori e tifosi, e lottare fino all’ultimo minuto dell’ultima giornata di campionato per conquistar­e una salvezza che sarebbe manna dal cielo. Il motivo è presto detto: l’austerity che ha contraddis­tinto l’operato del presidente Maurizio Setti e dei suoi collaborat­ori ha prodotto quello che è sotto gli occhi di tutti: un organico composto da giocatori con evidenti lacune tecniche che giorno dopo giorno stanno cercando di diventare una squadra, ma che in certe occasioni - leggi la partita di Cagliari - si dimentican­o gli attributi negli spogliatoi e perdono una gara che - con la grinta e il carattere dimostrati contro l’Inter - si poteva tranquilla­mente portare a casa (non solo il pari, anche la vittoria). Ciò cosa significa? Significa che è difficile togliere il sangue da una rapa. Significa che ci si deve abituare, nostro malgrado, a subire gol per degli errori individual­i (è successo in quasi tutte le partite sin qui disputate) che poco hanno a che vedere con le responsabi­lità di un allenatore. Che colpa ne ha Pecchia se Souprayen si addormenta e Faragò gli ruba la palla e segna? Si potrebbe dire: «Non lo deve mandare in campo». Certo, ma al suo posto chi manda in campo vista la rosa a disposizio­ne e la lunga lista degli infortunat­i? Gira e rigira, si va sempre a parare lì: la pochezza dell’organico. Va detto che il Verona inteso come club - è stato chiaro in proposito: con 39 milioni di euro di budget, il 55% dei quali impiegati nel pagamento degli emolumenti ai calciatori, resta poco spazio ai voli pindarici. Voli pindarici che rischiavan­o di costare caro nella stagione della retrocessi­one in serie B, quando l’Hellas è andato vicino alla sparizione, salvato solo dall’anticipo di 13 milioni sul «paracadute». Cosa fare allora da qui in avanti? Servirebbe una presa di coscienza importante, soprattutt­o da parte dei tifosi. Prediliger­e il tifo razionale a quello del cuore. Cioè, ingerire il boccone amaro di non avere una squadra all’altezza della serie A e lottare assieme a essa per restare in serie A. Facile a dirsi, difficile a farsi. Ma l’impression­e è che mai come in questa stagione le contestazi­oni, siano esse nei confronti di società, allenatore o giocatori, non porterebbe­ro da nessuna parte. Forse, unendo gli intenti (tutti vorremmo l’Hellas in serie A) si può ottenere il risultato.

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