C’è il maxi bond la Pedemontana adesso è salva
Scattato e chiuso ieri il collocamento sul mercato: finita l’incertezza sul quadro finanziario della superstrada
Pedemontana, il bond «salvacantieri» da un miliardo e mezzo va piazzato nel giro di un pomeriggio. La notizia è trapelata ieri sera da ambienti finanziari, dopo che l’operazione era andata in porto. Rotti gli indugi, l’emissione delle due obbligazioni per mettere in sicurezza l’operazione Pedemontana è scattata ieri pomeriggio alle 16. Un collocamento, destinato ovviamente ai soli investitori istituzionali, che si è chiuso rapidamente.
In ballo le due emissioni, per 1.571 milioni totali, di Superstrada Pedemontana Veneta spa, strutturate da Jp Morgan, ieri nel ruolo di global coordinator nel collocamento, che riguardavano la tranche senior da 1.221 milioni, di durata trentennale, scadenza 30 giugno 2047, e quella subordinata da 350 milioni decennale, scadenza 30 giugno 2027, con un tasso dell’8 per cento, necessari a chiudere il quadro finanziario dell’opera. Un passaggio decisivo, questo, rispetto al destino travagliato della superstrada a pagamento affidato in project financing al Consorzio Sis. Fondamentale, anche perché le nubi si erano addensate, di fronte alla dilatazione dei tempi per il collocamento. Il road show organizzato a fine luglio da Banca Akros, Banca Imi, Jp Morgan e Santander tra Milano, Parigi, Madrid e Londra è ormai lontano. Ed il silenzio intervenuto da allora non deponeva a favore di una positiva conclusione. La quarta versione del prospetto informativo al mercato era stato consegnata giusto una settimana fa alla Consob. E nel frattempo sul mercato non erano mancate le operazioni finanzarie sulle infrastrutture, come il riacquisto da parte di Abertis, di 200 dei 600 milioni di euro di obbligazioni emesse solo due anni fa dalla Brescia-Padova, di fronte alla possibilità di spuntare condizioni migliorative per il proprio debito.
Il collocamento del bond era fondamentale per mettere in sicurezza il quadro finanziario dei 94 chilometri della superstrada a pagamento tra Montecchio e Spresiano, con una concessione che dura fino al 2059, l’opera già cantierata di maggior dimensione in Italia, con i suoi 2,2 miliardi di valore. Un’opera già colpita da varie incertezze, con la revisione al ribasso delle stime di traffico e la firma della terza convenzione tra concessionaria e Regione, che ha versato 300 milioni di contributi raccolti con un mutuo, seguito ai 614 milioni già messi dallo Stato. Senza contare i rischi di una rescissione finale del rapporto con la Regione, il 29 gennaio, se entro quel termine il quadro finanziario non sia messo in sicurezza. Regione che potrebbe riaffidare l’opera, con l’ipotesi di una nuova gara, o di una consegna dell’opera a Salini-Impregilo, oppure con il passaggio ad una gestione in house a Cav, la società Regione-Anas che gestisce il passante di Mestre.
In ballo poi, a complicare il quadro, i rischi pendenti, da quelli tecnici (come i cedimenti della volta della galleria tra Castelgomberto e Malo) a quelli giudiziari (come il sequestro dei cantieri dove i crolli si sono verificati). E poi soprattutto il ricorso al Tar depositato da Salini-Impregilo, capofila della cordata sconfitta da Sis, che ha impugnato la nuova convenzione sostenendo che il contratto sarebbe stato radicalmente riscritto, con la previsione del contributo extra da 300 milioni e l’attribuzione alla Regione dell’incasso dei pedaggi, con riconoscimento a Sis di un «canone di disponibilità» fino al 2059 .
Ma è chiaro che il collocamento delle due obbligazioni (pur se a tassi nel caso del subordinato dell’8%) ridà fiato al programma di costruzione e a questo punto ai cantieri.