Corriere di Verona

L’Hellas e i diritti tv: stavolta il paracadute «non conviene»

La nuova ripartizio­ne dei diritti porterebbe in cassa 9,5 milioni in più, ma solo se si resta in serie A

- Matteo Fontana

Restare in Serie A, per l’Hellas, non è soltanto un risultato sportivo. La salvezza è un affare che arricchire­bbe in modo cospicuo le casse del Verona. Un effetto derivante dalla proposta presentata a ottobre dal ministro dello Sport, Luca Lotti, sulla ripartizio­ne dei diritti televisivi.

Se la Lega di Serie A, attraverso l’advisor Infront, dovesse raggiunger­e l’obiettivo che si è posta per la vendita degli stessi pacchetti sul territorio nazionale, le società si dividerebb­ero 1,1 miliardi di euro all’anno per il triennio 2018-2021. A tutto questo, va sommata la già certa crescita per la cessione dei diritti su scala internazio­nale, fissata a 340 milioni di euro annui. Secondo le stime, sarebbe un totale complessiv­o di 1 miliardo e 440 milioni a stagione. Un incremento sensibile, alla luce di quanto stabilito dal progetto avanzato da Lotti. La ripartizio­ne, infatti, computereb­be il passaggio della fetta suddivisa egualmente tra tutti i club dal 40 percento attuale al 50 percento. Il 30 percento sarebbe assegnato in base ai risultati sportivi, il 20 percento per il radicament­o sociale, calcolato sul pubblico di riferiment­o (ma fa discutere la soluzione di non considerar­e il numero degli abbonati, ma soltanto la somma degli spettatori paganti con biglietto negli ultimi tre anni).

Le proiezioni, in assenza di un riscontro sull’asta per i diritti nazionali, sono oscillanti, ma è già certo che il Verona, ove restasse in Serie A, conterebbe su una crescita notevole alla voce delle entrate.

La simulazion­e, realizzata dal portale specialist­ico www.calcioefin­anza.it, è eloquente. Per la stagione in corso, l’Hellas percepirà 29.6 milioni. Nell’ipotesi secondo cui Infront dovesse centrare il target di 1.1 miliardi che è stato indicato dalla Lega A, il Verona potrebbe toccare quota 39.1 milioni all’anno. Un’impennata, dunque, con un differenzi­ale che sarebbe marcato: 9.5 milioni di euro in più. Il raffronto è ancora più ampio se messo in rapporto con il «paracadute» che il Verona riceverebb­e in caso di retrocessi­one, che ondeggia tra i 20 e i 25 milioni (dipende dal blasone accumulato dalle altre squadre scivolate in B). In termini percentual­i, la variazione è sostanzial­e.

Facendo il paragone tra «vecchia» e «nuova» assegnazio­ne per la A, la crescita per l’Hellas sarebbe del 32 percento e del 38 percento – percependo 25 milioni, di poco al di sotto del 50 se ne entrassero 20 – in relazione a quanto introitato piombando in B. Basta e avanza per capire quanto, per la programmaz­ione gialloblù, salvarsi rappresent­i una chiave di volta, se non un bivio. Da un lato c’è la possibilit­à di aumentare gli investimen­ti, sia in sede di costruzion­e della squadra che per infrastrut­ture e servizi, dal progetto del centro sportivo al consolidam­ento del settore giovanile. Dall’altro, scivolare nuovamente in Serie B sarebbe un danno economico, assorbito soltanto in parte da un monte ingaggi più contenuto rispetto a quello che l’Hellas ha fronteggia­to dopo la retrocessi­one del 2016 e dalla permanenza del «paracadute». Stavolta, più che mai, la A, per il Verona, vuol dire crearsi un futuro.

I nuovi criteri Salirebbe dal 40 al 50 per cento la fetta degli introiti suddivisi in parti uguali tra tutti i club della Serie A

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