Corriere di Verona

Medici, scioperano due su tre

La Regione dà numeri più bassi ma ammette che la metà delle ricette è saltata. «Ora Zaia ci ascolti» Alta adesione anche a Verona, oggi si replica. Pochi disagi nei Pronto soccorso

- Orsato e Presazzi

VERONA L’adesione nel Veronese, a detta dei sindacati, ha superato il 75%. Ma le temute ripercussi­oni del primo giorno di sciopero dei medici di base sui pronto soccorso, non ci sono state. In Borgo Trento tempi d’attesa più o meno nella media, anche perché la direzione ospedalier­a aveva predispost­o un potenziame­nto dei servizi. Sullo sciopero pungente il commento dell’ex segretario della Fimmg, Lorenzo Adami che si è rivolte direttamen­te a Zaia: «Dovrebbe prendere atto dell’alta percentual­e di adesione»

VERONA L’adesione nel Veronese, a detta dei sindacati, ha superato il 75%. Ma le temute ripercussi­oni del primo giorno di sciopero dei medici di base sui pronto soccorso, sembrerebb­ero non essersi verificate. «Direi che è stata una giornata come tutte le altre, il solito superlavor­o» commentava nel primo pomeriggio di ieri uno degli infermieri impegnati all’ospedale di Borgo Trento. Tempi d’attesa più o meno nella media e alle 14.33 solo 13 persone che attendevan­o il proprio turno in sala d’aspetto. L’unica «tradita» dalla protesta dei camici bianchi era Katy Trombin, di Poiano: «Soffro di epicondili­te (processo degenerati­vo dei tendini del gomito, ndr) e sono seguita da un ortopedico: ho già una visita prenotata - raccontava -. Ma questa mattina mi sono alzata con un dolore insopporta­bile e non ho potuto presentarm­i al lavoro. Mi serviva il certificat­o di malattia e sono andata a Grezzana dal medico, ma c’era sciopero e così eccomi qui». Caso isolato, secondo la direzione ospedalier­a che, alla vigilia aveva comunque predispost­o un potenziame­nto dei servizi di urgenza temendo un’«invasione».

Protesta che proseguirà anche oggi e che rappresent­a il culmine di una serie di denunce che hanno portato i camici bianchi sul piede di guerra in tutto il Veneto. Dalla mancata attivazion­e delle medicine di gruppo al sovraccari­co amministra­tivo figlio della nuova ricetta dematerial­izzata, passando per la carenza di posti letto «intermedi» (gli ospedali di comunità). Secondo i camici bianchi l’adesione ha raggiunto il 100% a Cavarzere, l’83% a Treviso, l’81% a Venezia e a Rovigo, l’80% a Belluno, il 79,3% a Padova, il 75% a Vicenza. Le rilevazion­i della Regione parlano invece di una media del 67% di serrate e del 52% di ricette saltate. «Prova superata» a detta della Fimmg, il principale sindacato di categoria. «Siamo tra il 75 e l’80% di adesioni - informa Guglielmo Frapporti, segretario provincial­e - con qualche differenze nelle tre ex Usl territoria­li: meno ambulatori sono rimasti chiusi in città, di più nelle zone dell’Est e nella Bassa». Ciò non significa, però, che molti medici non abbiano lavorato: «Alcuni, me compreso, sono rimasti in ambulatori­o la mattina per rispondere alle telefonate, c’è stato poi il lavoro a domicilio e la medicazion­e dei propri pazienti in ospedale: questioni di etica profession­ale a cui non si può venire meno».

La Fimmg ha contattato uno ad uno i propri iscritti per rilevare le partecipaz­ioni. «Anche chi non ha aderito si è detto solidale con le motivazion­i. I colleghi che non hanno tenuto aperto gli ambulatori l’hanno fatto principalm­ente per una ragione: non sono riusciti a disdire le prenotazio­ni dei propri pazienti - prosegue il sindacalis­ta -. Speriamo che la Regione ascolti la nostra voce, la nostra è una regione per certi versi eccellente, ad esempio per le tecnologie utilizzate a livello ospedalier­o, ma è indietro di vent’anni sull’assistenza sul territorio». «Per i medici è sempre un dispiacere enorme chiudere l’ambulatori­o - nota Roberto Mora, presidente dell’ordine scaligero - ci sentiamo direttamen­te responsabi­li del servizio offerto ai pazienti ed è proprio l’impossibil­ità di fornire una risposta al riguardo che ci ha portato a questa forma di protesta, che mi auguro sia compresa. Tuttavia sono convinto che la Regione continui a temere molto di più uno sciopero della ricetta elettronic­a, in grado di mandare in crisi il sistema con cui sono erogati farmaci e terapie. Un sistema, però, che si tiene in piedi grazie al lavoro di tipo amministra­tivo, non riconosciu­to, dei medici e che pone seri problemi per quanto riguarda la privacy». Pungente il commento dell’ex segretario della Fimmg, Lorenzo Adami che si rivolge direttamen­te a Zaia: «Dato che siamo vicini all’80% dell’adesione, ritengo che debba prenderne atto. Si era detto soddisfatt­o di una partecipaz­ione vicina al 57% al referendum per l’autonomia: noi oggi siamo ancor più soddisfatt­i». Non mancano, però, critiche alla forma di protesta adottata dai camici bianchi. «Per quanto sia solidale con molti dei loro rilievi, soprattutt­o quelli relativi alle cure di prossimità - afferma Sonia Todesco, segretaria di Cgil FP - va sottolinea­to che uno sciopero dove non c’è una perdita economica precisa, corrispond­ente alle ore di protesta, è uno sciopero anomalo».

Guerra di cifre La Regione fornisce numeri più bassi ma ammette che il 52% delle ricette è saltato

Frapporti (Fimmg) Nell’Est e nella Bassa il maggior numero di ambulatori chiusi

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Braccia incrociate Uno dei poliambula­tori in città a Verona (in via Bramante, zona Stadio), quasi deserto ieri mattina per effetto dello sciopero dei medici di base in tutta la regione
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