Agguato al bar dei tifosi, il cerchio si stringe su dieci ultrà napoletani
La polizia stringe il cerchio, c’è un primo elenco di sospettati. Si lavora per identificare il resto del branco
VERONA Sul raid degli ultrà napoletani di domenica pomeriggio contro il bar «Oro Bianco» di Corso Cavour le indagini della Digos proseguono a ritmo forsennato. E ci sono già dieci nomi che già nelle prossime ore potrebbero venire iscritti nel fascicolo con l’ipotesi di reato di danneggiamento aggravato.
Il fascicolo aperto dal pubblico ministero Maria Beatrice Zanotti al momento è ancora contro ignoti. Ma sul raid degli ultrà napoletani che domenica pomeriggio hanno tentato di fare irruzione all’interno del bar «Oro Bianco» di Corso Cavour le indagini della Digos proseguono a ritmo forsennato, analizzando frame dopo frame, la montagna di video registrati dalle telecamere cittadine.
E ci sono già dieci nomi che già nelle prossime ore potrebbero venire iscritti nel fascicolo con l’ipotesi di reato di danneggiamento aggravato. Si tratta dei proprietari dei sei veicoli utilizzati dal «branco» per sbarrare la via prima di partire all’assalto del locale dove il titolare Alan Ceruti e i suoi clienti (tra i quali anche famiglie con bambini) si preparavano ad assistere in tv alla partita in trasferta dell’Hellas contro il Cagliari. Perché i napoletani, a Verona, erano arrivati per assistere alla partita in programma al Bentegodi contro il Chievo. Un match che, in passato, non aveva mai dato problemi di ordine pubblico: e per questo motivo non era stata vietata la trasferta ai tifosi della squadra partenopea. Oltre ai sei proprietari dei veicoli, gli investigatori si stanno concentrando su altre quattro persone che viaggiavano proprio su una di quelle monovolume immortalate dalle telecamere del centro città.
Perché l’auto, come verificato dalla procura, appena partita da Napoli con direzione Verona, era stata fermata all’altezza di Avellino per un controllo e tutte e cinque le persone trovate all’interno erano state identificate. Tutto lascerebbe ipotizzare che tra le 30 persone armate di aste e coltelli che hanno sfasciato vetrate e tavolini del locale di Ceruti vi siano proprio quei 10 ultrà già identificati, ma dalla procura si predica cautela perché i vandali hanno agito a volto coperto e sarà necessario provare che titolari dei veicoli e i quattro passeggeri abbiano effettivamente partecipato all’agguato. Al momento, infatti, pur se rimane un’ipotesi poco concreta, non è possibile escludere che i 10 sospettati siano rimasti da un’altra parte mentre il branco seminava il panico in via Cavour.
Quel che è certo è che un grande aiuto alle indagini potrebbe arrivare dallo stadio Bentegodi. È molto probabile che gli ultrà partenopei dopo l’agguato si siano presentati ai tornelli per assistere alla partita. E, in quel caso, sarebbero stati sicuramente schedati e nuovamente immortalati dalle telecamere installate attorno alla struttura. Se questa ipotesi fosse confermata, per alcuni di loro potrebbe scattare anche l’accusa di possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere nel corso di una manifestazione sportiva.
Sarà fondamentale incrociare tutti i dati raccolti in queste ore per riuscire a dare un nome e a punire gli autori di un gesto che, per utilizzare le parole del sindaco Federico Sboarina, «rappresenta un oltraggio fatto alla nostra città». Intanto il pm Zanotti sta valutando se vi possano essere gli estremi per contestare anche il reato di blocco stradale per quei veicoli che hanno letteralmente «isolato» Corso Cavour per una decina di minuti. Gli investigatori stanno raccogliendo anche le testimonianze dei tassisti e del conducente di un autobus che passavano per la via in quel momento e che sono stati costretti a deviare il loro percorso a causa delle auto lasciate in mezzo alla strada. Nel frattempo, oltre a tutti gli accertamenti effettuati dalla polizia, nel fascicolo è stata acquisita anche la denuncia presentata dal titolare del locale assistito dall’avvocato Andrea Bacciga, pronto a chiedere non solo il risarcimento dei danni materiali ma anche per il «mancato guadagno» dovuto ai giorni di chiusura che prossimamente saranno necessari per eseguire i lavori di riparazione .