Lo startupper milionario fonda un partito
Il veronese Andrea Dusi lancia Dieci Volte Meglio: «Così rivoluzioneremo l’Italia»
VERONA L’imprenditore veronese Andrea Dusi, ex startupper diventato milionario dopo aver venduto la sua azienda Wish Days al colosso Smart Box, ha fondato un partito politico. Si chiama «Dieci Volte Meglio», è stato presentato ieri a Milano in vista delle prossime elezioni politiche. Un programma rivoluzionario, fatto di detassazione sul lavoro e investimenti sull’istruzione, per «rivoluzionare l’Italia», partendo dalle competenze e dall’uso della tecnologia.
VERONA Ieri, alla fondazione Riccardo Catella di Milano, tre giovani imprenditori hanno lanciato un nuovo partito politico chiamato «Dieci Volte Meglio», che intende presentarsi alle prossime elezioni politiche senza allearsi con nessuno, ma con l’ambizione di mandare a Roma una squadra di alto livello che contribuisca a «rivoluzionare il Paese». Uno dei tre, il presidente e fondatore, si chiama Andrea Dusi: nonostante abbia oltre 139 mila follower su Twitter, abbia tenuto un popolare blog sui fallimenti delle start-up (startupover.com) e sia al tempo stesso uno dei pochissimi casi in Italia di startupper che ce l’ha fatta, non è certo conosciuto al grande pubblico. Non ancora, almeno. «Ogni tanto mi chiedo chi me lo abbia fatto fare», sorride quando lo incontriamo nel suo nuovo ufficio, in un appartamento anonimo in una palazzina di via Pallone.
Dentro, non c’è praticamente nulla: muri sgombri, appena qualche tavolaccio per poggiare i laptop. È qui che ha sede la sua ultima avventura imprenditoriale: Impactscool (senza la acca), un’impresa no profit che punta a preparare gli studenti delle scuole superiori al futuro tecnologico che li aspetta. «Ne ho incontrati seimila in giro per l’Italia negli ultimi mesi, tutti che mi dicevano: “Abbiamo paura di doverci accontentare”. Ho pensato che dovevo fare qualcosa».
Dusi è uno che nella vita non si è accontentato. Veronese («sponda Hellas» chiarisce) di 42 anni, studi al Don Bosco e all’università cittadina in Economia sotto l’ala del recentemente scomparso professor Antonio Borghesi, dopo un master a Rotterdam era avviato ad una promettente carriera nel mondo della consulenza aziendale presso importanti società con sede a Milano. «Ma io ho sempre sognato di fare l’imprenditore e nel 2005, alla nascita di mia figlia Giulia, ho rischiato tutto e mi sono buttato». Dal sodalizio con la milanese Cristina Pozzi, che da allora è sua socia, è nata Wish Days, che con il marchio Emozione 3 vendeva cofanetti regalo con vaucher per cene e weekend. Nel 2016, al suo apice, con 35 milioni di fatturato e un centinaio di collaboratori, arriva quella che in gergo si chiama «exit»: la vendita dell’azienda al colosso Smartbox per una cifra, si vocifera, attorno ai 20 milioni di euro.
C’è chi, al suo posto, si sarebbe ritirato a vita privata su un’isoletta a sorseggiare daiquiri, oppure a Londra dove è quasi di casa. Ma non è nel suo carattere. Ha vissuto, negli ultimi dieci anni, a contatto diretto con chi si occupa di robotica, internet delle cose, intelligenza artificiale, in un’espressione di «tecnologie esponenziali». Ha visto in faccia e da un osservatorio privilegiato il futuro che sta arrivando veloce, che triturerà posti di lavoro e certezze. E vede un paese largamente impreparato ad affrontarlo. «Io sono italiano, penso che l’Italia abbia delle enormi opportunità, che deve però imparare a sfruttare se non vuole essere tagliata fuori da tutto», spiega.
Dice di essersi convinto a fare il passo nel grande agone della politica ad agosto, leggendo un libro, «Centomila Punture di Spillo», di Federico Rampini e Carlo De Bendetti. Di aver telefonato ad un’amica che lavora per un senatore americano, che a sua volta l’ha messo in contatto con 270 Strategies, la società di consulenza politica fondata dai consiglieri di Barack Obama e che lui ha subito ingaggiato. Spiega che lo seguiranno professori universitari, scienziati, manager, professionisti, studenti molto promettenti, anche se per adesso il trio al comando è formato da lui, dalla sua socia Pozzi e da Stefano Benedikter, un 33 enne che da Londra ha lanciato una società che promuove progetti di sviluppo in Africa. «Cerchiamo persone con un ego piccolo, per cui parli il curriculum», spiega. Ha un programma a dir poco ambizioso: dalla detassazione totale del lavoro dipendente per i settori ad alta tecnologia all’abolizione delle partite Iva fino a 80 mila euro di fatturato («come in Gran Bretagna») all’istruzione, con bilinguismo, filosofia e potenziamento della matematica fin dalle elementari. «Sappiamo come creare tre milioni di posti di lavoro in cinque anni», assicura.
Conosce personalmente papaveri di Stato e ministri («Ho stima di Calenda», dice) ma, allo stesso tempo pensa tutto debba cambiare. La sua è una sfida impossibile? «Abbiamo due vantaggi - dice - la competenza e la conoscenza della tecnologia». Non c’è tuttavia un solo algoritmo che possa aiutare a superare il primo ostacolo sulla strada di Roma: raccogliere 55 mila firme.
La visione del futuro L’Italia ha enormi opportunità, ma deve imparare a sfruttarle per non venire tagliata fuori