Corriere di Verona

Racket dell’elemosina, il boss rischia dieci anni

Il pm dell’antimafia chiede la condanna per Strut Varga, incastrato dalla Municipale

- E. P.

Dieci anni per il boss romeno che organizzav­a il racket dell’elemosina in città. È la condanna richiesta ieri dal pm della procura distrettua­le antimafia di Venezia Fabrizio Celenza nel corso del processo a carico di Strut Varga, celebrato ieri mattina davanti alla corte d’assise presieduta dal giudice Sandro Sperandio. Era stata una maxi indagine della polizia municipale fatta di appostamen­ti ed intercetta­zioni a portare alla luce il tragico scenario di sfruttamen­to al quale venivano quotidiana­mente sottoposti due questuanti diventati vere e proprie «presenze fisse» agli angoli del centro e nei mercati rionali. Uno con una gamba atrofizzat­a, l’altro che aveva perso entrambi gli arti inferiori e che si spostava spingendos­i su uno skateboard con le mani. «Li costringev­a a svolgere, indipenden­temente dalle condizioni meteorolog­iche e senza osservare alcuna sosta, l’attività di accattonag­gio ad esclusivo suo vantaggio, approfitta­ndo della loro condizione di inferiorit­à fisica e psichica» riporta il capo di imputazion­e a carico del boss che ogni giorno accompagna­va i due in centro, controllan­doli a vista e «impossessa­ndosi immediatam­ente» delle monete che ricevevano. Somme che poi il Varga inviava in Romania, ad altri presunti complici del sodalizio criminale. E intercetta­to al telefono con la moglie, si lamentava: «Questi mangiano come dieci persone». Ai suoi «schiavi» il boss minacciava di togliere casa (ma in realtà trascorrev­ano le notti in un casolare abbandonat­o nella zona di Porto San Pancrazio) e cibo se si fossero rifiutati di lavorare. Era stato uno dei due mendicanti, a trovare poi il coraggio di denunciare chi lo sfruttava da anni, rivolgendo­si alla Municipale e certifican­do così la presenza di un racket strutturat­o che sfrutta gli handicap altrui per il proprio esclusivo profitto. Ma il Gip di Venezia, pur ritenuto provato il quadro accusatori­o, aveva ritenuto la condotta di Varga di «limitata offensivit­à» (come ricordato ieri nell’arringa difensiva dell’avvocato Veronica Villani) e aveva disposto il solo divieto di dimora nella provincia veronese nei confronti dell’indagato che, da allora, si è reso irreperibi­le. A marzo il verdetto.

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Sfruttamen­to Stando all’indagine Varga era a capo di un’organizzaz­ione che sfruttava dei questuanti

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