Corriere di Verona

Urla e spintoni, il tour di Renzi inizia con la contestazi­one dei risparmiat­ori

Tafferugli nel Trevigiano con i simpatizza­nti del Pd che applaudono. Oggi il segretario fra Mestre e Padova

- Marco Bonet

CONEGLIANO (TREVISO) Matteo Renzi approda in Veneto e certo non si può dire che il Veneto gli riservi una gran accoglienz­a. Il comitato di benvenuto che lo attende nella piccola stazioneca­ntiere di Conegliano, nel Trevigiano, è infatti composto da un centinaio di risparmiat­ori di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, inferociti per aver perso i loro soldi.

All’uscita gli urlano di tutto e il segretario del Partito Democratic­o, appena sceso da «Destinazio­ne Italia», l’Intercity con cui sta girando il Paese in campagna elettorale, è costretto a rifugiarsi in un’auto che lo attende col motore già acceso davanti alla porta del bar. Renzi si scusa con la signora dietro il bancone: «Perdoni il trambusto». Lei sembra accettare di buon grado. Difficile che un ex premier ripassi di lì molto presto.

E non si può dire che la partenza fosse andata tanto meglio. Renzi proveniva infatti da Casarsa Della Delizia, Comune del Friuli Venezia Giulia dove, tra le altre cose, aveva reso omaggio alla tomba di Pier Paolo Pasolini (il momento è stato subito «socializza­to» con citazione d’ordinanza) e anche lì, al momento di salire sul treno, Renzi era stato contestato da una coppia.

Nell’occasione il leader dem, accompagna­to dal capogruppo alla Camera Ettore Rosato e dal deputato Roger De Menech, aveva accettato di fermarsi per capire le ragioni del dissenso, ragioni a dire il vero piuttosto nebulose visto che i due ce l’avevano soprattutt­o col gasdotto in Puglia che distrugger­ebbe gli olivi e avvelenere­bbe la gente, non esattament­e la protesta che ci si attendereb­be nel cuore del Nordest. Mentre il convoglio superava il confine tra lo «speciale» Friuli Venezia Giulia e «l’ordinario» Veneto, a nulla sono valsi i tentativi di convincere Renzi a spendere una parola sulla battaglia autonomist­a portata avanti dal governator­e Luca Zaia: «Non fatemi parlare di questioni che non conosco bene» è stato l’invito tranchant. Ma nel caso si arrivasse in parlamento, il Pd come voterebbe? «Non voglio anticipare l’esito di un simile dibattito parlamenta­re, per favore».

Evidenteme­nte quel che è successo alla fine dell’estate, quando venne a Padova definendo il referendum del 22 ottobre «inutile», salvo poi ritrovarsi 2 milioni di veneti alle urne, ha indotto Renzi ad un un po’ più prudenza sul tema, così che per parlare di Sappada (tema obbligato visto che la meta successiva era Belluno) non è

rimasto nel vagone che il solo Rosato. Altrettant­o laconico: «Stupisce che il Veneto si muova solo ora, alla vigilia del voto, vedremo se si dovrà rimettere mano all’iter».

Le proteste dei parlamenta­ri veneti per la legge elettorale che porta il suo nome, che in Veneto farebbe fare cappotto alla Lega? «Stiano tranquilli, in fin dei conti avevano votato all’unanimità il Mattarellu­m, che prevedeva il maggiorita­rio per il 75 per cento dei seggi, ora siamo al 36 per cento» .

Mano a mano che il treno si avvicina alla stazione di Conegliano, tra le forze dell’ordine che scortano l’ex premier comincia a salire la tensione, si sparge la voce che all’arrivo ci sono molti risparmiat­ori furiosi, alcuni dei quali mischiati tra i sostenitor­i del Pd. «Ma perché ci deve essere sempre questo caos a Treviso?», si sente imprecare mentre i freni del treno stridono, e in effetti la mente corre subito all’altra clamorosa contestazi­one subita da Renzi durante una passeggiat­a tra le vie del capoluogo, nel 2014.

D’altronde Treviso è da sempre la capitale dello Zaiastan. L’esito è quello atteso: Renzi scende a passo svelto, si infila nel sottopassa­ggio e ne riemerge in un tripudio di bandiere dem e applausi, ben presto sovrastati, però, dalle proteste degli azionisti sul lastrico. Un anziano signore con le lacrime agli occhi riesce a fermare l’ex premier, chiedendog­li aiuto per recuperare i risparmi andati in fumo. Renzi accetta di scambiare con lui due parole, si fa dare il cartello, ma fuori è una bolgia tra fischi, campanacci e grida: «ladro, vergogna, tornatene a casa tua».

Scoppia anche un piccolo parapiglia tra contestato­ri e sostenitor­i del leader Pd e tra i primi c’è anche Claudio Fagan, l’azionista di Veneto Banca che con la sorella ha perso nel crack 2 milioni di euro e già due volte ha minacciato di suicidarsi in una filiale. Renzi tira dritto e ostentando sorrisi s’infila nella macchina che sgomma via, direzione la casa di accoglienz­a Villa Anna a Belluno. Non esattament­e la migliore delle vigilie per l’intensa giornata che oggi lo attende tra Treviso, Mestre, Padova e Rovigo.

La battaglia autonomist­a di Zaia? Non fatemi parlare di questioni che non conosco bene

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Fischi Matteo Renzi fra i contestato­ri

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