Corriere di Verona

Mamme sole ludopatici, operai I nuovi poveri

Mamme sole con figli, dipendenti dal gioco, operai che hanno perso il lavoro. L’altra faccia della «Verona Felix»

- Orsato

Mamme sole con i figli adolescent­i senza nemmeno i soldi per comprare le scarpe. Operai licenziati che non riescono a riprendere in mano le redini della propria vita. Oppure, persone con introiti stabili, ma nondimeno poveri «di fatto»: si bruciano tutto al gioco. La «fotografia» della Caritas sulla povertà in quella Verona nota per essere ancora ricca e florida, al confronto con altri centri italiani, nasconde dei tratti agghiaccia­nti.

C’è la mamma che vive sola con il figlio adolescent­e e non ha nemmeno i soldi per comprare le scarpe. Altri genitori che si trovano a crescere da soli, invece, neonati, e fanno la cresta sul latte. Appartamen­ti senza energia elettrica né riscaldame­nto. A Sommacampa­gna, un paese come tanti, ci sono ben quindici famiglie in queste condizioni. E anche se, come vuole il luogo comune, è il classico posto in cui «si conoscono tutti», ben pochi sembrano essere al corrente di questa situazione.

E ancora: operai licenziati che non riescono a riprendere in mano le redini della propria vita: al punto di non sapere in quale sportello recarsi per chiedere aiuto, per ottenere quel supporto che spetterebb­e loro. Oppure, persone con introiti stabili, ma nondimeno poveri «di fatto»: si bruciano tutto al gioco e scoprirlo è difficile, dato che spesso non hanno famiglia.

La «fotografia» della Caritas diocesana sulla povertà in quella Verona nota per essere ancora ricca e florida, soprattutt­o al confronto con altri centri italiani nasconde dei tratti agghiaccia­nti. A partire da un numero: quello delle famiglie che vivono sotto alla soglia di povertà. Sono ben 15.101, il 3,9% delle 387.198 censite in provincia. Un numero che, da quando esiste il rapporto, non era mai stato raggiunto.

È una povertà silenziosa, più «autoctona» di quel che si pensa, che va quasi cercata casa per casa. È quasi un lavoro da detective quello svolto dai quattrocen­to volontari della Caritas sparsi da Legnago fino alla sponda bresciana del Garda, seguendo quelli che sono i confini della diocesi. In città assistono prevalente­mente stranieri: è il caso di due dei tre Centri d’ascolto (questo è il nome ufficiale degli sportelli «antipovert­à») che si trovano all’interno dei confini comunali: quello del Tempio Votivo, in un luogo di frontiera come la stazione di Porta Nuova e quello diocesano: la «centrale» dove passano le principali segnalazio­ni dei casi di povertà e di emarginazi­one e che segue per il 74,8% non italiani.

Fuori dalle mura la situazione cambia: già nel rapporto dell’anno scorso (con numeri riferiti all 2015) si erano notati i primi centri d’ascolto dove gli interventi riguardava­no più gli italiani che gli stranieri. Ora sono quattro: quello di Santa Maria Immacolata a Borgo Milano, quello di San Giovanni Lupatoto, dove gli italiani assistiti sono ben il 57%, quello di Belfiore e quello di Caselle di Sommacampa­gna. In un altro punto d’ascolto dello stesso comune, questa volta in centro: italiani e stranieri «pareggiano» con il 50%.

Il caso di Caselle è stato al centro di uno studio a parte: «La cosa che preoccupa di più è che dalla condizione di emarginazi­one sembra non esserci una via d’uscita - dice Carmen Montresor, operatrice del Centro d’ascolto - è se i casi riguardano adolescent­i che vivono solo con le madri subentra anche un profondo isolamento, dovuto al rifiuto da parte dei coetanei: una situazione che poi rischia di sfociare in atteggiame­nti violenti nei giovani».

Don Giuliano Ceschi, direttore di Caritas Verona, cita il passo evangelico che sarà letto nelle chiese domenica, prima Giornata mondiale dei poveri: «Gli impoveriti, quelli che hanno perso il loro benessere dice - ricordano il personaggi­o con un solo talento: lo sotterrano, anziché sfruttarlo. Occorre dare loro la speranza per poter ripartire». E non solo: la prima voce nella lista degli interventi che Caritas eroga ai cittadini italiani è quella di beni e servizi. Segue, l’orientamen­to, anche profession­ale. Solamente al terzo posto la richiesta di sussidi e di finanziame­nti. Ma quando questi servono vanno dati subito. Paolo Molinari, ricercator­e friulano che ha firmato uno studio sull’attività delle Caritas del Triveneto lancia invece l’allarme: «Le risposte degli enti preposti sono troppo lente: quando c’è da pagare una bolletta o rientrare da una morosità non si possono aspettare i tempi lunghi della burocrazia».

Don Giuliano Ceschi Queste persone rinunciano ai propri talenti Diamo loro speranza per rifarsi una vita

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy