Corriere di Verona

Delitto di Ronco La procura chiede due ergastoli

L’omicidio nel 2009, per debiti di droga. A dicembre la sentenza

- E. P.

La pistola fumante, come ha riconosciu­to lo stesso pm Valeria Ardito, non c’è. Ma tutti gli indizi per il delitto di Ronco del 2009 puntano su Fabio Piga e Giuseppe Laversa, per cui sono stati chiesti due ergastoli.

La pistola fumante, come ha riconosciu­to lo stesso pm Valeria Ardito al termine della sua requisitor­ia davanti alla Corte d’Assise, non c’è. «Non possiamo dire chi ha premuto il grilletto, ma la valutazion­e di gravi, precisi e concordant­i indizi raccolti, ci porta a sostenere la colpevolez­za dei due imputati» ha spiegato prima di chiedere l’ergastolo per Fabio Piga, ex piastrelli­sta veronese di 42 anni e Giuseppe Laversa, 64 anni. Per il pm i due sarebbero coinvolti nell’omicidio del marocchino Mohamed El Archi, ritrovato morto la sera del 15 ottobre del 2009 in un fosso a Ronco all’Adige. Un delitto maturato nel mondo dello spaccio di droga nella Bassa Veronese. L’anno successivo, su ordinanza di custodia cautelare, i carabinier­i avevano arrestato Piga, ma il tribunale del Riesame, dopo 20 giorni lo aveva rimesso in libertà. E l’avvocato del piastrelli­sta, Stefano Gomiero, ieri ha ricordato le tesi dei giudici veneziani: «In questi sette anni gli investigat­ori non hanno fatto nulla per cambiare il quadro contenuto in questa ordinanza». A incastrare Piga, secondo il pm Ardito, i tabulati telefonici che lo indicavano nella zona di Ronco la notte del 14 ottobre, presunta data del decesso di El Archi e le testimonia­nze di altre persone coinvolte nello spaccio. E secondo le difese le indagini avrebbero potuto concentrar­si anche su altre persone. Il movente dell’omicidio? Un debito di droga di circa 40mila euro. Il pm ha poi attaccato l’alibi di Laversa (una cena al ristorante a Sirmione proprio con Piga): «L’analisi delle celle telefonich­e ci dice che quella sera si è spostato da Sona a San Pietro di Morubio. Altro che Sirmione...». L’avvocato Gomiero ha ribadito l’innocenza del suo assistito: «È stato lui a presentars­i ai carabinier­i dopo aver riconosciu­to la foto della vittima in television­e e a raccontare di averlo accompagna­to in auto e lasciato sulla provincial­e. E mi duole dire che, se avesse scelto il silenzio, non si sarebbe ritrovato in questo incubo. Il giorno dopo l’omicidio ha risposto a una chiamata dal cellulare della vittima (era il fratello di El Archi, ndr) e ha risposto presentand­osi con nome e cognome: quale assassino farebbe così?». L’avvocato di Laversa, Andrea Marvasi, ha puntato il dito contro le indagini: «Nel capo di imputazion­e si indica come luogo del delitto Ronco all’Adige, ma è lo stesso pm a dirci che il cadavere è stato ucciso in un luogo diverso dal fossato in cui è stato ritrovato». A dicembre la sentenza.

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Il ritrovamen­to del corpo di Mohamed El Archi, ucciso da un colpo di pistola e poi gettato in un fosso nel territorio di Ronco all’Adige. Il movente potrebbe essere legato a un debito di droga
(archivio) Nel 2009 Il ritrovamen­to del corpo di Mohamed El Archi, ucciso da un colpo di pistola e poi gettato in un fosso nel territorio di Ronco all’Adige. Il movente potrebbe essere legato a un debito di droga

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