Corriere di Verona

Ex cantine Pasqua, addio all’housing sociale

L’assessore Segala ufficializ­za la decisione di Cariverona. Il Pd: lì si rischia un albergo

- L.A.

Torna a far discutere il destino di uno dei simboli della Verona industrial­e di ieri, la vecchia sede (dismessa da decenni) delle cantine Pasqua, in Borgo Trieste. L’assessore all’urbanistic­a, Ilaria Segala, ha annunciato ufficialme­nte quel che da tempo si sapeva: Fondazione Cariverona, proprietar­ia dell’area, ha rinunciato al progetto di edificare un nuovo centro di housing sociale, una serie di edifici, cioè, da concedere in uso e in affitto, a prezzo calmierato a chi abbia difficoltà nel pagare il normale canone di mercato. E il Pd teme si torni a qualcosa di analogo al progetto precedente, che era quello di realizzare invece un grande albergo da 90 camere, che creerebbe altri problemi di traffico in una zona, quella di via Belviglier­i, già oggi intasata. L’area era stata acquistata, anni addietro, dall’impresa Best Center che voleva costruire appartamen­ti ed uffici (la zona ha destinazio­ne urbanistic­a direzional­e-residenzia­le-commercial­e). Il progetto si fermò prima ancora di partire, la Best Center fallì e tutto passò nelle mani di Cariverona. Il cui direttore di allora, Fausto Sinagra, spiegò come nel bilancio 2015 fosse stata iscritta la «ristruttur­azione del complesso di proprietà della Fondazione sito in via Belviglier­i da adibire a housing sociale».

Un progetto che adesso è però definitiva­mente abortito. E il consiglier­e comunale Stefano Vallani (Pd) teme che «ritornerà in auge la possibilit­à che venga accolto il vecchio progetto di un hotel da 90 camere, nuovo attrattore di traffico senza alcun vantaggio per il quartiere». La presidente della Circoscriz­ione, Rita Andriani, anche lei del Pd, aggiunge che «la prospettiv­a di avere un ulteriore albergo o altri spazi commercial­i avrebbe un grosso impatto sulla viabilità della zona, già in forte sofferenza. Adesso – spiega Andriani - bisognereb­be intervenir­e sullo stato di degrado, anche perché ci sono i writers che si arrampican­o sempre più in alto per trovare spazi liberi da colorare, rischiando quotidiana­mente la vita».

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