Corriere di Verona

I mondi di Verlato «tra Caravaggio e i videogame»

Il veronese Verlato protagonis­ta della mostra milanese sulla pittura figurativa internazio­nale

- Tuzii

Una pittura monumental­e, iperrealis­ta, sovraccari­ca di immagini, densa di racconti e simbologie, scene violente e personaggi che seminano caos. Le tele di Nicola Verlato, sono storie che contengono forti scontri, intendono «formalizza­re» la cultura pop, dove pop sta per popolare. Sono monumenti utopici, opere in cui si mescolano disegno classico e innovazion­e digitale, manierismo e fumetto, caravaggis­mo e stilemi della cultura americana.

L’artista veneto (di casa a Los Angeles), dalla tecnica pittorica rigorosa, è uno dei protagonis­ti della mostra «Le Nuove Frontiere della Pittura», allestita alla Fondazione Stelline di Milano fino al 25 febbraio 2018. A cura di Demetrio Paparoni, una grande esposizion­e internazio­nale che si chiede in quale direzione stia andando la pittura contempora­nea, in particolar­e quella figurativa.

A rispondere 34 autori provenient­i da 17 paesi. Ritratti, personaggi, scene proposte in modo realistico o immaginifi­co, fotografic­o o surreale. «La figurazion­e - sottolinea Verlato - sta vivendo una nuova vitalità. Nella mia scelta artistica, rileggo la grande tradizione cinquecent­esca e la fondo coi linguaggi del presente, lavorando con programmi 3D usati per i videogioch­i».

Il pittore veronese - enfant prodige folgorato a sette anni dalla visione di Caravaggio e «andato a bottega» a nove anni da Fra’ Terenzio, pittore romano che lo educa a uno stile accademico - si presenta alla rassegna milanese con The Cave, un potente olio sul conflitto tra la parola scritta e l’immagine, in cui il dibattito tra teorici dell’astrazione e sostenitor­i della rappresent­azione diventa guerra, in uno scenario quasi apocalitti­co. Un predicator­e e due bounty killer attaccano un gruppo di sciamani nativi americani intenti a dipingere in una grotta: «Gli aggressori - spiega il visionario artista - sono il critico Clement Greenberg, teorico dell’Espression­ismo Astratto e della PostPainte­rly Abstractio­n, Alfred H. Barr, primo direttore del MoMA di New York e il pittore Jackson Pollock; tra gli sciamani Raffaello, Michelange­lo e io stesso, che con loro cerco di scappare dall’attacco». E aggiunge: «Concepisco l’opera sempre come un evento. Caravaggio? A me interessa riprodurre l’impatto emotivo dei suoi dipinti».

L’impatto emotivo di questa tela è sorprenden­te e spiazzante, intrigante e ammaliante, sia dal punto di vista della tecnica sia dal punto di vista del codice mentale che propone. «Negli spazi virtuali di Verlato – scrive il curatore Paparoni in un saggio del catalogo della mostra, edito da Skira - a definire i punti di fuga è proprio la figura umana. Proiettati da una deflagrazi­one silenziosa, i suoi soggetti si librano e si inarcano nell’aria come in un videogame comandato da un giocatore e quindi nello spazio della finzione. Anche la conflittua­lità, sempre presente, è quella del gioco, che non permette un annientame­nto definitivo, ma può dare vita ogni volta a una diversa configuraz­ione».

Insomma, la figura ci salverà? «Sì, lo dimostra la recente asta dove il Salvator Mundi di Leonardo è stato acquistato per 450 milioni: il titolo dell’opera ha infatti un grande valore simbolico. Per quel che riguarda la cifra mi sembra assurdo scandalizz­arsi: mi scandalizz­o piuttosto per le fotografie comprate a 20 milioni l’una... Se si vuole usare il denaro come parametro, quel quadro i soldi li vale tutti».

Con Verlato la mostra presenta, lavori di Francis Alÿs, Michaël Borremans, Kevin Cosgrove, Liu Xiaodong, Victor Man, Margherita Manzelli, Pietro Roccasalva, Nicola Samorì, Wilhelm Sasnal, Markus Schinwald, David Schnell, Wang Guangyi, Matthias Weischer, Yue Minjun, Zhang Huan.

Le idee Critica gli eccessi del concettual­ismo, i suoi maestri sono i classici Il caso «Il Leonardo pagato 450 milioni? Quel quadro li vale tutti»

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Visioni Nicola Verlato «The Cave» (2017). Sotto, il pittore veronese

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