Blitz a Veronetta Condannato l’ex CasaPound
Un anno e 5 mesi a Ruffo, allora esponente di CasaPound: «Mi spiace per l’accaduto. Mai avuto il coltello»
Festa di laurea ad alto tasso alcolico. Per un «blitz» al Malcarne e per la rissa scatenatasi il 21 marzo 2013 all’Osteria ai Preti, Marcello Ruffo (storico volto di CasaPound) è stato ieri condannato a 17mesi.
VERONA Un anno e cinque mesi di condanna per la festa di laurea decisamente sopra le righe con tanto di «pellegrinaggio» nei locali di Veronetta. Quello all’interno del Malacarne di via San vitale fu un blitz animato da «finalità di affermazione di idee di discriminazione», ma quanto accadde poco dopo all’interno dei Preti di via Interrato dell’Acquamorta è riconducibile a una maxirissa con responsabili ancora da individuare. Questo, in sintesi, il verdetto emesso ieri dal collegio presieduto dal giudice Paola Vacca chiamato a giudicare quanto avvenuto la notte del 21 marzo 2013 nel quartiere universitario. Quella sera Marcello Ruffo, allora esponente di spicco del movimento di estrema destra CasaPound, festeggiava la laurea insieme a un gruppo di amici. Uscito da un bar, il gruppetto si era diretto al Malacarne, locale ritenuto vicino alla sinistra. Insieme a Gabriele Poli (condannato a undici mesi), secondo l’accusa «ponevano in essere atti idonei a costringere il barista a servire loro da bere nonostante lo stesso si fosse rifiutato di farlo per il loro evidente stato di alterazione alcolica». «Un gruppo che parte a fare una spedizione» aveva spiegato il pm Marco Zenatelli nella sua arringa per motivare la contestazione dell’aggravante prevista dalla legge Mancino sulla discriminazione razziale e l’odio politico. Erano stati altri giovani appartenenti a CasaPound a convincere il gruppo a uscire dal Malacarne, ma la serata alcolica era poi proseguita all’interno dell’osteria ai L’ attacco Il bar Malacarne luogo del blitz discriminatorio Preti. Lì un’altra giovane laureata, dopo una discussione con Poli, era stata presa per i capelli e trascinata fuori (da qui l’accusa di violenza privata per entrambi gli imputati difesi da Roberto Bussinello e Davide Adami). E solo l’arrivo della polizia aveva messo fine al violento parapiglia scatenatosi tra i presenti. «Era stata una rissa scatenata da motivi di gelosia» avevano sostenuto le difese, contestando l’accusa di lesioni aggravate. Per le motivazioni della sentenza si dovranno attendere tre mesi, ma le difese hanno già annunciato il ricorso in Appello. I giudici hanno condannato Ruffo a 17 mesi per il blitz al Malacarne (contestandogli anche il porto abusivo d’arma per un coltello estratto di fronte al barista e la legge Mancino) e per la rissa ai Preti (assolto invece dall’accusa di lesioni). Undici mesi, invece, per Poli che doveva rispondere di tentata violenza privata per i fatti del Malacarne e della violenza privata (nei confronti della ragazza) ai Preti. I due, inoltre, sono stati condannati a risarcire (3.500 euro) al barista del Malacarne costituitosi parte civile con l’avvocato Federica Panizzo, soddisfatta per il riconoscimento della legge Mancino: «Questa sentenza potrà rivelarsi utile nell’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dalla procura in merito a un’altra vicenda di intimidazioni da parte dell’estrema destra a Veronetta in quel periodo». Presente in aula anche Ruffo: «Siamo lieti del fatto che la corte abbia riconosciuto che quanto successo ai Preti sia stata una rissa. Per quel che riguarda il Malacarne, ho sempre detto che mi dispiace e che chiederei scusa al barista se lo incontrassi. Ma non ho mai avuto un coltello a serramanico». Poi una valutazione finale: «Mi auguro che si faccia chiarezza anche sulle vicende parallele accadute dopo quella sera e mi riferisco ai manifesti con minacce di morte nei miei confronti comparsi a Veronetta».