La Chiesa accoglie ma critica «Ora rispettino le regole»
I paletti del Patriarca e le accuse della Diocesi di Padova: «Così no»
VENEZIA Giovedì il Patriarca di Venezia è sceso in campo, si schierato a fianco dei richiedenti asilo in «marcia per la dignità», ha aperto le porte degli oratori e dei patronati della Riviera del Brenta e accolto i 212 in fuga da Cona con i parroci e i fedeli di Mira, Oriago, Borbiago e Gambarare. «Era un’emergenza», ha spiegato ieri Francesco Moraglia, a margine della celebrazione della veneziana Festa della Salute. «Si voleva evitare che ci fossero scontri, che le forze dell’ordine dovessero compiere atti di forza. L’interesse e la volontà era di aiutare nell’emergenza, non nell’ordinarietà». Quanto, invece, è avvenuto lunedì, ossia l’uscita dall’hub di Cona di altri 56 richiedenti asilo, non costituirebbe un evento straordinario: la marcia verso Padova non è stata fermata da un cordone di polizia come accaduto giovedì a Bojon. E per questo la macchina della carità cristiana, nella città del Santo, non si è mossa come in Riviera. Quello di Moraglia non è un dietrofront ma il Patriarca, ieri, senza mezzi termini, ha puntualizzato: «La situazione non è semplice, chiede ragionamento, realismo e sforzo di intesa sulle cose fondamentali: le emergenze sono emergenze ma non bisogna lasciarci strumentalizzare - ha detto -, le regole sono un valore, lo dobbiamo dire a noi cittadini di vecchia provenienza e anche ai nuovi venuti che bussano alla nostra porta, le regole sono importanti e tutti devono osservarle».
Un messaggio forte e chiaro, quello di Moraglia, a chi vorrebbe lasciare Cona e anche a chi, come sta facendo il sindacato di base Usb, sta sostenendo i migranti in questo percorso. Ieri, in realtà, il patriarca ha redarguito tutti, anche i politici, chiamati a fare la loro parte per risolvere l’emergenza profughi. «Noi siamo l’ultimo anello della comunità territoriale: la politica non scarichi tutto sul territorio - ha concluso -, ognuno vuole fare la sua parte ma l’ultimo anello non può risolvere un problema che è della politica nazionale, locale e anche internazionale».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la diocesi di Padova. «Una decisione sofferta e dolorosa» ha detto ieri don Marco Cagol, vicario per i rapporti col territorio. «Siamo da sempre per la micro accoglienza ha continuato don Marco - nel caso di Codevigo si trattava di un’oggettiva emergenza per cui la chiesa è stata aperta. A Piove di Sacco l’altra sera, invece, era un’azione premeditata con un’azione che mette a rischio i loro diritti come richiedenti asilo». Don Marco parla di «ricatto morale». E aggiunge: «Il desiderio di uscire da basi come quella di Cona è legittimo? Sì lo è. Queste macro accoglienze presentano da sempre un problema per il tempo lungo di permanenza. Tanto che la chiesa di Padova ha da sempre chiesto di affrontare il problema delle basi. Questi ragazzi non sono pacchi. E’ stata una fatica dire un no all’accoglienza ma per noi stare dentro le regole è comunque un valore. Parla di «scelta dolorosa» anche don Luca Facco direttore della Caritas: «Comprendiamo le ragioni di chi marcia per non aver imparato una parola di italiano in un anno: dentro un hub non va bene. Si deve arrivare alla chiusura di queste basi».
Moraglia Ma la politica non scarichi il problema sul territorio Facco
Un dolore dover dire no, capiamo le ragioni della protesta