Corriere di Verona

La Camera vota, Sappada va in Friuli E domani primo tavolo sull’autonomia

- Ma. Bo.

Salvo improvvisi dietrofron­t della presidente della Camera Laura Boldrini, Montecitor­io voterà oggi il passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli Venezia Giulia. Decisivo il pressing dell’ufficio di presidenza della commission­e Affari costituzio­nali che col solo voto contrario di Forza Italia si è pronunciat­o ieri affinché la proposta di legge, che ha già avuto il via libera del Senato, prosegua il suo iter. Secondo il presidente Andrea Mazziotti, infatti, il procedimen­to può dirsi «perfeziona­to» nonostante il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti abbia sostenuto che il voto - a favore del 2012 del Veneto non possa considerar­si valido, trattandos­i di una mera risoluzion­e (al contempo, Ciambetti si è rifiutato di convocare l’assemblea per un nuovo parere formale nei sette giorni indicati da Boldrini, considerat­i «un termine non congruo»). Forza Italia, guidata da Renato Brunetta, non si dà però per vinta: «L’articolo 132 della Costituzio­ne non è stato rispettato. Assistiamo ad un mercato del consenso e all’arrogante violazione delle procedure democratic­he, chiediamo a Mattarella di non firmare la legge e rinviarla alle Camere».

Domani, invece, il governator­e Luca Zaia incontrerà a Palazzo Cornaro a Roma, sede del dipartimen­to per gli Affari regionali, il sottosegre­tario Gianclaudi­o Bressa per l’avvio della trattativa sull’autonomia. Ieri Zaia ha spedito al premier Paolo Gentiloni la proposta di legge statale 43 chiedendog­li di «avviare sin da subito» il negoziato, i cui paletti, però, sono stati posti in maniera ferma da Bressa: «È assolutame­nte impossibil­e ottenere tutte le 23 materie trasferibi­li, così come è impossibil­e la richiesta di trattenere i 9/10 delle tasse. Stiamo parlando di regionalis­mo differenzi­ato non di Regioni a statuto speciale». (ma.bo.) Antonini non teme che il parere del Consiglio di Stato, pure chiesto dalla Regione e favorevole alla legge, possa influenzar­e il giudizio costituzio­nale («Non ha nulla a che vedere con i profili di illegittim­ità che abbiamo evidenziat­o»), e ribadisce: «Il Veneto non è No-vax ma Pro-vax, secondo un modello consolidat­o, vigilato dal ministero della Sanità, che si basa sul consenso informato e sull’alleanza terapeutic­a. Perché stravolger­e questo modello, su cui lo stesso ministero non ha mai avuto alcunché da ridire? Non si parli di immunità di gregge perché l’obbligator­ietà è prevista anche per il tetano, che non è trasmissib­ile da persona a persona...». Altre censure sollevate da Antonini riguardano l’eccesso di potere legislativ­o e la mancata copertura finanziari­a da parte dello Stato dell’obbligo messo carico delle Regioni.

«Non è concepibil­e una disciplina differenzi­ata in questa materia: è una pretesa inammissib­ile. I virus e I batteri non conoscono frontiere - ha replicato uno degli avvocati dello Stato, Leonello Mariani - La decisione sul modello di politica sanitaria spetta allo Stato. La Regione Veneto non può considerar­si un’isola felice e separata. La disciplina deve essere unitaria». E non è mancato un invito alla riflession­e da parte del giudice relatore della causa, Marta Cartabia, che ha evidenziat­o come «la Regione da un lato dice di non voler mettere in discussion­e i vaccini, dall’altro poi si diffonde in valutazion­i medico scientific­he» che si traducono «in un tipo di critica che finisce per investire non solo l’obbligo vaccinale, ma anche i vaccini in sé per sé».

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