Bagnoli: «Lo spogliatoio è con lui E le colpe vanno ripartite tra tutti»
L’ex allenatore: serve lo spirito giusto, anche se a noi non bastò
VERONA Un impegno familiare non gli ha consentito di esserci, lunedì al Bentegodi, nella serata della nuova sconfitta del Verona, subita con il Bologna: «La partita, però, l’ho vista in televisione, a casa. Purtroppo è andata male: il risultato avrebbe dovuto essere diverso, perché la squadra ha giocato a lungo un buon calcio». Osvaldo Bagnoli, dell’Hellas, è stato e resta il tecnico più amato. Non soltanto per quanto ha saputo fare alla guida gialloblù (e lo scudetto è una parte, non il tutto), ma per la composta serietà che ha sempre messo al servizio della causa del Verona. Così, appena gli si domanda di Fabio Pecchia, rimarca: «Non posso giudicarlo. Non voglio né formulare critiche, né tessere elogi, perché non lo vedo sul campo, ed è una mancanza che non consente di esprimersi. Non mi azzarderò a fare valutazioni su una persona che, come lo sono stato io, è un allenatore».
Cosa pensa della conferma della dirigenza?
«Premesso che io non direi mai che c’è da cambiare una persona che fa il mio stesso mestiere, se è stato tenuto è perché hanno fiducia in lui e perché vedono che lavora nel modo giusto. Le dico la verità: a me il Verona, con il Bologna, è piaciuto. Poi ha preso quei due gol che l’hanno portato a perdere sebbene non lo meritasse».
Avanti con Pecchia, dunque?
«Non bisogna ragionare soltanto sulla base di una o più sconfitte. Ci sono degli aspetti da valutare che io non ho sotto gli occhi e che, invece, tocca alla società prendere in considerazione. Il rapporto che l’allenatore ha con la squadra, quello che c’è tra i giocatori. Se non ci sono rotture, se si pensa che ci sia unione, cambiare non serve a molto».
A cos’è dovuto il riferimento allo spogliatoio?
«Quando con il Verona vincemmo lo scudetto c’era tutta questa gente che mi lodava: “Che bravo che l’è ‘sto Bagnoli”, dicevano. D’accordo, io facevo quello che era il mio
compito, ma erano i calciatori che stavano bene gli uni con gli altri. C’era armonia. Ma c’era anche quando siamo retrocessi, nel 1990, e la situazione era difficile».
Per lei il Verona di adesso è unito?
«A me sembra che i giocatori siano dalla parte dell’allenatore. Li ho visti in campo con il Bologna e a questa squadra non mancano le idee, è passata per due volte in vantaggio e le confido che mi pareva proprio che la vittoria fosse alla portata. Dopo ci sono stati quei minuti in cui è successo quel che è successo e lì è subentrata la delusione».
Intanto, però, Pecchia e i dirigenti sono al centro di
proteste e contestazioni.
«Si sa che quando non ci sono i risultati ci sono le polemiche. Ed è chiaro che alla fine è sempre l’allenatore quello che viene messo in discussione. Però la verità è più ampia. I meriti non sono soltanto di uno, come non lo sono le colpe. Quanto di giusto è stato fatto e quanto, invece, è stato sbagliato, va suddiviso in parti uguali». Questo Verona ce la può fare a salvarsi?
«Prima parlavo del campionato 1989-90. Ci si ricorderà che in estate la squadra venne cambiata per intero sul mercato perché c’erano delle questioni di bilancio da risolvere. Iniziammo con tanti problemi, i tifosi lo capirono e ci aiutarono molto. Retrocedemmo all’ultima giornata a Cesena, ma sempre lottando, e sempre ricevendo un grande sostegno. Non so come andrà il campionato del Verona, ma credo che ci voglia lo spirito di allora per cercare di farcela».