Corriere di Verona

Belluno: prima, ma tutti la vogliono abbandonar­e

Gli indicatori di «felicità» e le spinte centrifugh­e

- Baschieri

Gli indicatori di felicità proprio dove parte la fuga dal Veneto.

A Belluno si sta benone. Meglio che nelle invidiate Trento e Bolzano. Meglio che in tutto il resto d’Italia secondo l’annuale indagine sulla qualità della vita del prestigios­o quotidiano economico «Il Sole 24 ore». Addirittur­a.

Ieri era tutto un stringersi la mano, darsi di spalle e sorridere ai piedi delle Dolomiti. La politica questo primato l’ha accettato e pure rivendicat­o con orgoglio. Il sindaco di Belluno Jacopo Massaro ha convocato una conferenza stampa ad hoc per dibattere del primato. Del

resto su qualità dei servizi, tutela dell’ambiente e lavoro, solo per fare alcuni esempi delle categorie considerat­e dall’inchiesta, chi governa ha le sue responsabi­lità e quindi anche i suoi meriti.

Però fateci capire: Belluno è una Fantasilan­dia sulla neve o una provincia dalla quale i giovani emigrano per disperazio­ne? La provincia che primeggia per qualità della vita è la stessa dalla quale fuggirebbe­ro una buona parte dei Comuni se solo avessero le gambe lunghe come quelle dei nostri ragazzi? La stessa che si professa abbandonat­a dalla Regione e dallo Stato e schiacciat­a da vicini potenti e ricchi?

Sono domande che valgono anche per quella parte di Veneto che si lamenta di continuo con Roma e poi ritroviamo tra dati e parametri di indiscusso benessere. A mettersi nei panni dei lettori di altre regioni, la narrazione comincia a diventare paradossal­e: non si può essere campioni di sventura la mattina e portinai del paradiso la sera. Essere al contempo i più penalizzat­i e i migliori perché altrimenti corriamo il rischio di essere mandati a quel paese ogni volta che chiediamo maggiori risorse o sindachiam­o su qualcosa, compreso il bisogno di maggiore autonomia.

Come se ne esce? Per cominciare, proviamo a leggere queste classifich­e con un po’ di buon senso. Anche perché, come spesso accade, la verità rischia di stare nel mezzo. Prima di tutto ai numeri bisogna fare la giusta tara. Specie nel caso di Belluno. Detto fuor di fiaba, chi abita la casina sul cucuzzolo non soffre di smog e non verrà rapinato ma non è detto che la sua qualità della vita sia per forza migliore. Laddove la densità sociale e le complessit­à sono minori, sono minori anche i problemi e le “defaillanc­e” del sistema. Ne consegue che attribuire bollini di felicità sulla base di aride griglie resta un’operazione pericolosa oltreché un oltraggio a generazion­i di filosofi, da Aristotele ad Epicuro, da Platone a Nietzsche, che forse ci sono arrivate più vicine.

Per contro ricordiamo­ci che anche i freddi numeri non mentono e l’inchiesta giornalist­ica del “Sole”, al di là delle conclusion­i, ne mette in fila parecchi. Quando leggiamo la classifica del Pil pro capite (Milano 1°, Padova 13°, Belluno 14°; Venezia 15°, Verona 17°) parliamo di ricchezza prodotta dal territorio; i depositi bancari (Milano 1°, Verona 9°, Venezia 13°,Treviso 14°) sono “schei” veri in tasca ai residenti; il minor tasso di disoccupaz­ione (Bolzano 1°, Treviso 3°, Vicenza 4°, Verona 6° Belluno 13°) assegna posti di lavoro a chi li cerca; il minor numero di rapine (Belluno 1°, Rovigo 9°, Treviso 15°) vuol dire maggior sicurezza reale (e pazienza per la percepita). Potremmo andare avanti parecchio, per tutti e 42 i parametri dell’inchiesta che vede le province venete sempre nella metà alta della classifica e qualche volta ai primissimi posti, ma ci limitiamo a chiudere questo curioso giochino ricordando ad esempio che a Belluno nessuno fa mai causa a nessuno (1° per scarsa litigiosit­à) e per gli affari basterebbe una stretta di mano (2° per minor numero di assegni protestati).

Quello che i numeri non raccontano è la fatica che sta dietro i singoli primati. Le lotte contro la burocrazia, la fiscalità complessa, la rissosità sociale e le rigidità del sistema pesano maggiormen­te sulle aree più dinamiche del Paese, quelle che più chiedono in termini di efficienza e più soffrono per la mancanza di risposte. Tutte queste fatiche, anche quelle della montagna bellunese, nonostante tutto forte e competitiv­a, restano schiacciat­e sotto i «minimi comuni denominato­ri» di aride classifich­e ma producono un carico di frustrazio­ne e di rabbia che fa della nostra regione una delle più rivendicat­ive e movimentis­te del Paese. Sono aree in deficit di felicità, continuame­nte alla ricerca di una migliore qualità della vita, e forse la cifra dei primati è proprio la voglia di scalare e il motore è alimentato dall’eterna insoddisfa­zione. Non da una vita sicura e senza smog sul cucuzzolo di una montagna.

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La classifica del Sole 24 Ore sulla qualità della vita tiene conto di 42 parametri diversi e assegna loro un punteggio
I criteri La classifica del Sole 24 Ore sulla qualità della vita tiene conto di 42 parametri diversi e assegna loro un punteggio

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