«Non aveva intenzione di uccidere» Scarcerato l’omicida del B&B
Il portoghese il 31 agosto aveva ammazzato un collega con una coltellata alla gamba
Quella coltellata costata la vita al suo collega di lavoro non può essere considerata un atto di legittima difesa, ma di certo, anche all’esito del referto del medico legale, Sergio Filipe Soares Lourenco non voleva uccidere.
Questo, in estrema sintesi, il ragionamento del gip Giuliana Franciosi che nei giorni scorsi ha rimesso in libertà l’operaio portoghese di 37 anni accusato di omicidio preterintenzionale per la morte del collega Joaquim Manuel Fajardo Moio, 58 anni. E dopo circa tre mesi, l’indagato difeso da Paolo Mastropasqua e Luca Tirapelle, ha potuto abbandonare il carcere di Montorio: il gip ha infatti disposto nei suoi confronti il divieto di dimora nel comune di Verona.
Soares Lourenco era stato arrestato dalla polizia la notte dello scorso 31 agosto all’interno di un bed and breakfast di via Legnago, dove era alloggiato insieme ad altri operai impegnati a Verona per una commessa. Quella maledetta sera lui e la vittima avevano iniziato a discutere per un pacchetto di sigarette che Soares Lourenco non aveva più riconsegnato a Fajardo Mojo, mentre un terzo operaio si trovava in cucina (e ha poi dichiarato di non aver notato nulla). Nel corso della convalida, l’indagato aveva sempre sostenuto di essersi difeso dal collega che, in preda all’ira lo aveva sorpreso alle spalle tentando di soffocarlo con le braccia. Dando le spalle a Fajardo Mojo, il 37enne aveva estratto dal borsello un coltello a serramanico e aveva colpito «alla cieca», recidendo l’arteria femorale dell’altro operaio morto letteralmente dissanguato.
Inutili i tentativi di rianimarlo da parte del personale di Verona Emergenza intervenuto sul posto. Soares Lourenco era stato trovato all’interno dell’abitazione, al telefono con la moglie ed era stato trasferito in cella. Il gip, pur non convalidando il fermo, aveva disposto la permanenza in carcere ritenendo concreto il pericolo di reiterazione.
Ma, alla luce della consulenza tecnica del medico legale incaricato dalla procura, la difesa a inizio mese, aveva chiesto al gip la revoca della misura custodiale. «Occorre dare conto che gli elementi ricavabili dagli esiti della consulenza tecnica disposta dal pm sono tali da rendere compatibili le modalità con le quali è avvenuto l’accoltellamento con la versione offerta dall’indagato , il quale ha riferito di avere dato la coltellata, impugnando il coltello con la mano destra, muovendo il braccio all’indietro verso il basso, allorquando la vittima stessa si trovava alle (sue, ndr) spalle» ricorda il gip nell’ordinanza con la quale contesta la tesi dell’accusa secondo cui la coltellata sarebbe stata sferrata in un «faccia a faccia» tra i due.
Per il giudice Franciosi, la scriminante della legittima difesa non è però applicabile perché l’indagato «aveva la forza fisica sufficiente per sottrarsi alla riferita aggressione» e perché «in casa a pochi metri dal luogo dell’aggressione - la comunicante cucina - vi era un soggetto cui chiedere aiuto». Ciò nonostante, l’operaio non aveva intenzione di uccidere: «Le concrete modalità del fatto commesso, così come arricchitesi in esito agli accertamenti tecnici, - recita l’ordinanza -inducono a ridimensionare ulteriormente la gravità del gesto lesivo commesso». E venerdì è uscito dal carcere.
La difesa L’accusato ha sempre sostenuto di essersi difeso dal collega al culmine di una lite