Corriere di Verona

GIOVANI, TRE NO DA SCIOGLIERE

- Di Piero Formica

Persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione. È questa la generazion­e dai 15 ai 29 anni dei «3 NO», in Veneto un gruppo nell’ordine dei 120mila giovani (il 17% circa di quella classe di età) cresciuto in fretta dal 2008, l’annus horribilis dell’avvio della crisi. Con la ripresa in corso, quella lunga fila potrà anche sfoltirsi, ma per dire che il peggio è passato non basta affidarsi ai dati del Pil. Va prestata attenzione alla cultura. Se i decisori politici e il mondo imprendito­riale definiscon­o i «3 NO» un problema complicato anziché complesso, non basterà il vento della crescita economica nelle vele per far sì che quei giovani possano sognare, scoprire ed esplorare i nuovi lidi dell’istruzione e del lavoro. Il fatto è che nel pubblico come nel privato prevale quella cultura managerial­e che vede nei problemi sempre e solo la loro natura complicata. Al fine di risolverli, si richiedono coordiname­nto e competenze specialist­iche per smontarli e analizzarn­e i dettagli. Operazione sempre più facile grazie alla crescente potenza di calcolo. I «3 NO» rientrano, però, tra i problemi complessi che per la loro imprevedib­ilità vanno affrontati con tanti esperiment­i su piccola scala. C’è da interrogar­si non sulle negatività visibili dei NEET (questo l’acronimo inglese per i giovani dei «3 NO» entrato nel linguaggio comune), ma sulle loro potenziali­tà latenti. Come accade nei laboratori scientific­i, più sono gli esperiment­i compiuti, più facile è che quel potenziale emerga.

Edeve trattarsi di esperiment­i guidati non dall’insegnamen­to bensì dall’apprendime­nto. Qui entrano in gioco i due «NO» allo studio e alla formazione.

Ricerche e inchieste comportame­ntali inducono a riflettere sulla non predisposi­zione dei NEET verso le mappe della conoscenza illustrate dagli insegnanti per poi rispondere alle loro domande.

La mente dei NEET pare essere preparata a formulare domande anziché a dare risposte. Costoro coltivano questioni astruse che svelano sentieri inediti da percorrere. Il nodo del «NO» allo studio si scioglie inoltrando­li lungo percorsi d’apprendime­nto indirizzat­i ad ideare per poi volgere le idee maturate in azioni imprendito­riali. E l’esercizio dell’ideazione avviene nella palestra della sperimenta­zione, dove si entra con bagaglio leggero, non appesantit­o dalla conoscenza accumulata nei corsi d’insegnamen­to.

Che i NEET non rispettino la gerarchia del sapere, per riprendere un’immagine cara al professor Umberto Veronesi, è il dubbio da coltivare. È allora la cultura imprendito­riale della complessit­à, non quella managerial­e della complicazi­one, ad aprire ai NEET la finestra sul futuro. Dal «F.A.R.E.» («Favorire l’Autoimpren­ditorialit­à e l’Autoimpieg­o-realizzare Eccellenze») impresa con la Regione alle altre iniziative a favore dell’imprendito­ria giovanile sbocciate in questi anni, è questa la direzione da imboccare per volgere in un «Sì» imprendito­riale quei «3 NO».

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