Frassino, il rettore scrive a Mattarella «Fermi la Tav»
Il rettore scrive al Capo dello Stato: «Fermi tutto». Intanto il Comitato presenta un altro esposto
Il rettore del santuario del Frassino padre Giovanni Di Maria scrive al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Oggetto: la Tav non s’ha da fare. Nella missiva, la richiesta di esaminare l’impatto ambientale dell’alta velocità. «È un progetto che non presta attenzione al bene comune, ma all’interesse di pochi - dice il sacerdote - e il santuario è in pericolo».
I santi a cui rivolgersi se li sono già giocati tutti. Non rimane che rivolgersi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È quello che ha pensato il rettore del santuario del Frassino padre Giovanni Di Maria, pronto ad inviare nei prossimi giorni una lettera al Presidente, per pregarlo di esaminare «la plausibilità della Tav e la conseguente pesante ricaduta sull’Ambiente». «Perché con questo progetto non si dà attenzione al bene comune, bensì all’interesse di pochi – annuncia padre Giovanni – Il santuario del 1500 e i suoi 400 mila pellegrini all’anno sarà messo in serio pericolo». Si tratta di un ultimo tentativo, poiché ci sono già dei precedenti andati a vuoto: il coordinatore No Tav di Peschiera, Angelo Polizzotto nel 2015 aveva già scritto a Mattarella e a Papa Francesco. E padre Di Maria si era appellato l’anno scorso all’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi. In tutti i casi non è giunta risposta. Il rettore del Santuario del Frassino anche ieri mattina ha affiancato i portavoce No Tav nella conferenza stampa in Biblioteca a Peschiera del Garda, al tavolo con anche l’avvocato Fausto Scappini, autore con Marco Ponti, (ordinario di Economia e Trasporti al Politecnico di Milano) ed Erasmo Venosi, dell’esposto depositato il 20 novembre alla Corte dei Conti di Roma.
Nella denuncia, in sostanza, si chiede di verificare se i conteggi del progetto sono in regola e se c’è la copertura finanziaria (onde evitare l’opera rimanga incompiuta per anni). L’esposto è sottoscritto da una decina di associazioni ambientaliste e dal gruppo parlamentare del M5S. Tempistica voluta, poiché in questi giorni è in discussione alla Corte dei Conti la delibera del progetto definitivo della Tratta BresciaVerona, inviata quest’estate dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica. Gli estensori dell’espossto denunciano «l’enorme lievitazione dei costi», che stimano possa superare i cento milioni a chilometro, record italiano poiché tale cifra è stata A Peschiera L’incontro organizzato da No Tav cui ha partecipato anche il rettore del santuario del Frassino raggiunta solo per la tratta Bologna-Firenze degli Appennini, 10 volte tanto quanto speso per l’alta velocità in Francia, Spagna e Giappone.
«Per la tratta Brescia-Verona sono previsti 4,2 miliardi di euro – spiegano gli attivisti No Tav - ma mancano all’appello i costi per adeguare il progetto ai criteri di messa in sicurezza e alle nuove norme anti sismiche e inoltre devono ancora essere stimate le spese per gli ingressi a Brescia e a Verona. Si vocifera di un incremento del 30%. Ad oggi, per la tratta Treviglio-Brescia-Verona, un’ottantina di chilometri in tutto, sono previsti già sei miliardi di spesa, a cui si dovrà aggiungere un altro miliardo per gli adeguamenti di progetto». Riassumendo il tutto, l’esposto denuncia l’assenza di un adeguato rapporto dei costi benefici e l’incidenza di spesa per l’affidamento diretto, per le modalità costruttive e la reiterazione del vincolo espropriativo. Infine, c’è la questione dei potenziali fenomeni corruttivi, che potrebbero portare a un’ulteriore spesa.
Il sacerdote La Tav non riguarda il bene comune ma l’interesse di pochi
Gli attivisti I costi della tratta rischiano di aumentare del trenta per cento