Corriere di Verona

Fabio, l’unico produttore italiano di Kefir «Seleziono i batteri, rendo felici i salutisti»

Marcolongo spiega il suo business: «Meglio dello yogurt e fa più bene»

- di Camilla Pisani

È l’ultimo arrivato tra le tendenze gastronomi­che che, puntualmen­te, dettano il cambio di passo nei raffinati menù dei locali stellati, negli accattivan­ti profili social dei foodblogge­r e sulla tavola di chi è attento ai trend alimentari, soprattutt­o se salutari.

Eppure il kefir ha origini antichissi­me: secondo la tradizione fu Maometto, di passaggio nel Caucaso, a donare i primi grani di kefir agli abitanti della regione. Tutt’ora questo alimento, un composto granuloso ricco di batteri e lieviti dalle prodigiose virtù benefiche per stomaco, fegato e intestino, è ampiamente diffuso nell’Est Europa ma se ne ritrovano tracce anche in Italia. «Ero bambino quando ho conosciuto il kefir: nella mia famiglia è un’abitudine tramandata da generazion­i»: Fabio Marcolongo, originario di Villafranc­a, oggi 27enne, è il titolare dell’unica azienda italiana certificat­a per la produzione e vendita di questo alimento. «Ho iniziato a studiarlo al liceo - racconta - nel frattempo mi sono laureato in comunicazi­one ma in parallelo ho portato avanti le mie ricerche, convinto delle potenziali­tà di questi grani sul mercato».

Il primo passo è mettere a punto un prodotto di qualità. «Ho cominciato selezionan­do le colonie batteriche più adatte per produrre le due tipologie di Kefir esistenti, uno da abbinare al latte e uno all’acqua, poi mi sono affidato a un istituto di analisi per combinare tra loro diversi ceppi fino ad ottenere un paio di colture ottimali per l’organismo».

Prima di aprire l’attività deve districars­i tra le maglie della burocrazia per ottenere l’autorizzaz­ione a commerciar­e un prodotto alimentare ancora sconosciut­o: due anni dopo, nel 2015, nasce Kefiring, laboratori­o dove alleva, in regime sanitario certificat­o, probiotici in vendita via ecommerce. «Arriva a casa in flaconi - specifica Fabio - se usato nel latte ne basta un cucchiaino per 200 millilitri. Si lascia fermentare per 24 ore e infine si filtra: i grani raccolti vanno conservati mentre il composto si beve così com’è, zuccherato o guarnito con frutta».

All’aspetto e al gusto sembra yogurt ma la differenza non è di poco conto. «Per produrre yogurt si usano un paio di ceppi batterici, per il kefir ne servono sessanta: una biodiversi­tà che moltiplica gli effetti positivi sul sistema immunitari­o, stimolando la produzione di anticorpi, e sull’apparato digerente, regolando la flora intestinal­e. In più, combatte le intolleran­ze e, sintetizza­ndo meglio gli zuccheri, aiuta a dimagrire».

Per il kefir d’acqua il procedimen­to è lo stesso, ma si ottiene una bevanda più liquida. Altro vantaggio è il costo. «Una confezione costa 8 euro e il kefir si può riutilizza­re chiarisce Marcolongo - l’importante è mantenere i grani nel siero di latte o acqua. In media, durano tre mesi: un notevole risparmio per chi compra yogurt ogni settimana». Il kefir è sempre più noto e ormai si vende in tutta Italia: «I miei clienti sono salutisti e persone a dieta ma non mancano millennial­s sempre più attenti a ciò che hanno nel piatto, né chef in cerca di ingredient­i inediti».

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In laboratori­o Fabio Marcolongo, di Villafranc­a, produttore di Kefir

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