Corriere di Verona

Povero italiano (anche all’università)

Il rettore Sartor lancia l’allarme: «Gravi lacune nella scrittura delle tesi di laurea»

- Orsato

Il nuovo sito dell’università, pronto il prossimo anno, conterrà anche un sistema di autovaluta­zione per il corso di laurea in cui ci si vuole iscrivere. Lo annuncia il rettore Nicola Sartor nel bilancio di fine anno. L’obiettivo è ridurre l’abbandono degli studi e sensibiliz­zare sulle competenze, soprattutt­o sull’uso della lingua italiana. Secondo i professori il livello è calato negli ultimi anni. Aumentano le iscrizioni ai corsi specialist­ici.

Enrico Mentana, cominciamo da quello che i sondaggi attuali danno per perdente: il Pd, che starebbe sotto il 24%. È una partita chiusa, con l’uninominal­e?

«Non solo non è chiusa. Tutto si può riaprire. Quante situazioni che sembravano pregiudica­te e che poi invece sono diventate possibili abbiamo visto, in questi anni? Pensiamo a Berlusconi. Lo stesso che mai avremmo pensato di rivedere come favorito solo sette anni dopo le sue dimissioni presentate nel novembre 2011 adesso guida la corsa. Quella sera al Quirinale sembrava una festa rivoluzion­aria per la fine di un’epoca. Poi il centrodest­ra ha dato prova di esistere alle elezioni del 2013, poi Berlusconi è finito nei guai un’altra volta con la condanna e la decadenza da senatore, poi, ancora, tutte queste cose non sono bastate. Figuriamoc­i quindi se possiamo dare per morto il Pd». Ma i consensi non sono mai stati così bassi.

«Ma nel 2013 avevano il 25%, quindi sarebbero sotto di un solo punto percentual­e rispetto ad allora. Non è che siamo così distanti. Poi, certo, quel po’ di uninominal­e che c’è nella legge elettorale potrebbe cambiare le cose. Se nelle prime settimane dell’anno i sondaggi dovessero andare davvero male per il Pd allora può darsi che ci sia un ripensamen­to riguardo ad accordi con Liberi e uguali, almeno nei collegi uninominal­i».

Luigi Di Maio è un astro nascente (e Renzi una stella cadente)?

«È ovvio che questo è il momento più difficile per Renzi. Ma resterà così a lungo? È pensabile che si passi i prossimi due mesi e mezzo a parlare di banche? Non credo. Lo stesso, di converso, vale per Di Maio. Una campagna elettorale è fatta di confronti. Non potrà fare solo interviste da solo come ha fatto finora. Sicurament­e al momento la prima lista favorita sono i Cinque Stelle, e la coalizione il centrodest­ra. Il problema che le elezioni non si tengono il 23 dicembre. Ma a marzo».

Ritiene pensabile l’ipotesi - accarezzat­a anche da Berlusconi, se non ci sarà maggioranz­a, di un Gentiloni bis?

«Berlusconi ha confermato che non è un’opzione esclusa, il che non significa che sarà quella che necessaria­mente si percorrerà dopo le elezioni. Certo è che una delle qualità di Gentiloni è che in questi mesi non si è fatto nemici». Giovedì in Catalogna hanno (quasi) vinto gli indipenden­tisti. Parlandone con Giovanni Viafora su questo giornale, lei sul referendum veneto aveva detto: il Veneto è un caso a parte. Ma la Catalogna è un segnale anche per questa regione?

«Il segnale che arriva dalla Catalogna è che l’autonomia è una cosa che si può cercare, ma senza farne un’ascia di guerra. Perché le guerre si possono anche perdere. E anche adesso che Puidgemont e Junqueras hanno vinto per numero di seggi non è che gli indipenden­tisti stiano molto meglio di sei mesi fa». Zaia è più accorto dei catalani?

«Ha sempre detto che voleva l’autonomia e non la succession­e. E il governator­e del Veneto tutto mi pare meno che un Puidgemont. E è uno che ha fatto il ministro della Repubblica italiana, giusto?»

Restando in Veneto: il patriarca di Venezia Moraglia sul fine vita ha invitato i medici a fare obiezione di coscienza. Cosa ne pensa?

«Un paese laico e civile sa darsi limiti e diritti. Non si può uccidere, ma si può avere il diritto a un dignitoso fine vita. Non si può obbligare al testamento biologico, ma nemmeno impedire di farlo a chi lo vuol fare. Se le leggi sull’aborto e fine vita sono leggi dello Stato, chi professa una religione deve aver presente che esiste anche una ragione dei laici. Trovo sbagliato chiedere di intralciar­e una legge».

Sta per salire a Cortina. Un luogo che conosce bene: è cambiata in meglio o in peggio, in questi anni?

«Non è Cortina che cambia. Cortina ha una posizione strepitosa, immortale. Quello che cambia è chi ci va. Sono gli italiani e i turisti. E Cortina come tutta l’Italia ha vissuto le stagioni dell’euforia, lo “sboom” di Tangentopo­li, la ripresa, e le sue controvers­ie giudiziari­e e amministra­tive... Una cosa, però: andrebbe tutelata meglio. Si veda il caso appena detto dello Statuto speciale. Cortina è l’ultima stazione di villeggiat­ura prima del confine con una regione che vive secondo regole diverse. Ma sono convinto che non esista giustifica­zione nel 2018 per regimi fiscali separati. Dieci chilometri di distanza segnano una differenza mai vista. L’autonomia o vale per tutti o per nessuno. Punto».

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