Corriere di Verona

IL NATALE IERI E OGGI

- di Gabriella Imperatori

Èla festa delle feste. Per i bambini che aspettano i doni impacchett­ati sotto l’albero, sperando che siano quelli chiesti nella letterina di rito. Per chi crede e si emoziona alla Messa di mezzanotte ascoltando i vecchi canti e il suono maestoso dell’organo. Per chi - come quasi tutti - ricorda almeno qualche Natale passato, dell’infanzia o del primo amore, di quando c’erano ancora tutti i nostri vecchi, di quando non eravamo ancora delusi dal cinismo, dalla mala educaciòn, dalla corruzione del presente.

Di quando si allestiva il presepe con le statuine poste sul muschio fresco raccolto sui colli, euganei o berici o chissà, mentre gli specchiett­i di mamma diventavan­o piccoli laghi fra il verde. E le famiglie, numerose ma non ancora allargate, si riunivano attorno al tavolo del pranzo tradiziona­le con menù sempre uguale, dai tortellini in brodo di cappone all’arrosto ripieno e alla teoria di pandori, panettoni e torroni che costringev­ano poi a tre giorni di dieta per smaltire i tre chili messi su.

Senza le stravaganz­e culinarie suggerite oggi da giornali e riviste, ma con la gioia della ripetizion­e, alimentata dalle luci dell’abete e dalla cometa sovrastant­e come una promessa la capannina di Gesù appena nato.

Però anche oggi città e paesi sono in festa, rallegrati dalle luminarie e dalle bancarelle dove si possono trovare regalini a basso prezzo in attesa dei sospirati saldi d’inizio gennaio.

Ese il pranzo si concluderà con qualche acida battuta del parenteser­pente che non manca mai, sarà più facile perdonarlo. E perdonare noi stessi perché qualcosa da farci perdonare ce l’abbiamo tutti.

È questo, o anche questo, il miracolo del Natale: il fatto che ognuno - o quasi, non esageriamo! - sente il bisogno di essere buono/a, di augurarsi che qualcosa cambi in meglio, nel mondo e in sé. (Come quando gli eserciti nemici, nelle tregue natalizie delle guerre, cantavano quasi sovrappone­ndosi, da opposte trincee, i loro canti natalizi e si sentivano fratelli).

Non sarà così per tutti, ma anche per chi soffre, e sono in tanti, ci sarà, speriamo, un segno di amicizia, un augurio sincero, forse un piccolo sogno che si avvera…

Poi certo, non mancherà chi non vede l’ora che le feste finiscano con il loro frastuono, il consumismo, i regali riciclati, lo stress, e che insomma, dopo l’Epifania, si tornerà a un quotidiano più tranquillo.

Beh, proprio tranquillo? Macché: torneremo a infuriarci per l’inettitudi­ne dei politici, le preoccupaz­ioni economiche, la rabbia e l’invidia sociale, spesso peraltro giuste. Forse, o di sicuro, torneremo a indignarci, nei talk o nei social, per gli insulti, le aggression­i, le minacce, gli inviti ad «asfaltare» chi appartiene a un altro movimento di idee, in quest’alba elettorale così inquietant­e e inquinante.

Forse rivedremo immagini choc di testate sul naso, di fantocci decapitati, rileggerem­o cronache di stupri, uccisioni e suicidi, di dichiarazi­oni incitanti all’odio e al rancore.

Forse sarà così, non facciamoci illusioni. Ma intanto viviamola la magia di un giorno diverso, un giorno per sognare e per condivider­e il sogno almeno con coloro che ci sono vicini.

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