Vespa: «Lo Stato è unitario, attenzione a non rompere il giocattolo»
«I veneti hanno ragione ad arrabbiarsi, stretti come sono tra regioni a statuto speciale. Fanno bene a chiedere più autonomia. Ma attenzione che non siano in troppi a seguirli. Evitiamo cioè di rompere il giocattolo, che è lo Stato unitario”. Ha le idee chiare, Bruno Vespa. E sceglie Cortina, per Una Montagna di Libri, rassegna protagonista della stagione, per esprimerle. Intervistato da Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto, Vespa parla al festival dei libri di Cortina - che oggi ospita Gennaro Sangiuliano, mentre lunedì aprirà il 2018 con Enrico Mentana e Vittorio Sgarbi - per raccontare il suo ultimo libro, Soli al comando (Mondadori), storia collettiva dei grandi leader. «Sono andato a Sappada, prima che andasse con il Friuli. Appena arrivato mi trovai di fronte il sindaco e la giunta, che protestavano: lì a pochi metri c’è il Friuli, mi dissero, che ha condizioni fiscali totalmente diverse da noi. Io capisco la rabbia del Veneto. E Zaia la rappresenta bene. È una persona seria», spiega Vespa, davanti a centinaia di persone raccolte nell’Alexander Girardi Hall, e poi al Miramonti. «È giusto che le regioni più produttive abbiano più margine di manovra. Ma se diamo la stessa autonomia a tutti, lo Stato fallisce». La ricetta, ragiona Vespa, è la sburocratizzazione. «Il mio sogno? Vinci un appalto oggi, cominci a costruire domani. Per liberare questo Gulliver legato che è l’Italia, servirebbe un federalismo così». Si parla di uomini (e donne) soli al comando, intorno a un libro che ripercorre le vicende dei grandi leader, dai democratici agli autoritari, da Mussolini a Putin. «A proposito. Perché è fallita la rivoluzione liberale che Berlusconi aveva promesso?», chiede Russello. «Perché forse ha guardato un po’ troppo ai fatti suoi», risponde Vespa con un sorriso. «Ha litigato con Bossi, Follini, Casini e poi clamorosamente con Fini, con l’epilogo di quel 2011 che è stato per l’Italia un dolce colpo di Stato. Ma quel diavolo di Berlusconi, morto e risorto una quantità di volte che nemmeno ricordo, rende credibili tutte le promesse. Persino questa del reddito per tutti». Ne ha per tutti, Vespa. Renzi: «La sua debolezza è che non si fida di nessuno. Ed è un gran problema, perché aveva capacità di relazioni internazionali. Ma è un ragazzaccio dal carattere inguaribile». Gentiloni: «Un politico molto attento, difficilissimo da portare in tivù. Gioca di rimessa». Grillo: «Quando Bossi andò al potere con Berlusconi, sembrava di vedere Cesare che entrava nel palazzo dei Galli. Non lo capivo ma lo rispettavo. La stessa cosa la penso dei Cinque Stelle». La Raggi: «Quando ha deciso di fare il sindaco sapeva quello che l’aspettava. E allora, vuoi prepararti? Rispetto a lei la Appendino è la Thatcher». Chiusura tra storia e cronaca: «Come diceva Mussolini, governare gli italiani non solo è difficile, è inutile. Sono refrattari a ogni riforma. Ma c’è stata un’epoca in cui Fanfani diede casa a 350mila famiglie. Mi chiedo perché non si possa fare ora».