La carriera di De Angelis in un documentario
Amicizie (Paolo Conte), infatuazioni (Tenco, De Gregori), un archivio sterminato, frequentato anche dall’estero. I quasi cinquant’anni di attività del giornalista e critico veronese De Angelis diventano un docufilm
Chi trova una canzone (d’autore) trova un tesoro. Immateriale. Spirituale. «Mi sono innamorato dei cantautori italiani a dodici anni. Sentivo alla radio Tenco, Endrigo, Paoli, dicevano cose assolutamente anticonformiste e originali. Ho fatto il Maffei e sono grato alla cultura classica insegnatami a scuola, però c’è tutto un mondo di valori, libertà di giudizio, autonomia, non conformismo, antimilitarismo, che mi si è aperto ascoltando quelli come De André». Quelli di ieri, oggi, domani. «Il linguaggio cambia, non sono un nostalgico, degli anni Duemila mi piace la mescolanza di radici etniche e culturali diverse, figlia dei tempi, incarnata da gruppi come Mau Mau e Almanegretta». Nel linguaggio della musica italiana quel copyright lì, «canzone d’autore», è del critico e giornalista veronese Enrico De Angelis. Quasi cinquant’anni di ricerca, incontri, amicizie (vedi Paolo Conte), libri, concerti, eventi organizzati in tutt’Italia fin dagli inizi del Club Tenco – ne è stato responsabile artistico per vent’anni – e tuttora un po’ ovunque anche qui nella sua Verona. Una storia che sa di vinili, cd, pagine di pentagramma, riflessioni sui perché di un testo o di una melodia. «Tra dischi, libri, documentazioni e archivio, ormai occupo lo spazio di tre appartamenti. Qualche anno fa una dottoranda della Sorbona, alle prese con la tesi sulla canzone italiana, ha concluso che la biblioteca più fornita era la mia. Già adesso chi vuole consultare materiale può suonarmi al campanello. Ma mi piacerebbe se un giorno casa mia diventasse un centro di consultazione anche pubblica». Storia, quella di De Angelis, che ne ha raccontate tante al-
tre – «il coraggio di De Gregori nel mutuare da Dylan quei testi visionari che spingevano l’ascoltare a metterci del suo, quello di Bennato nel diventare il primo cantautore rock italiano…» – e che la città adesso riconosce con la proiezione in Gran Guardia di un docufilm, «La canzone d’autore secondo Enrico De Angelis», in una serata, quella di mercoledì prossimo, ore 21 a ingresso libero, patrocinata dal Comune, organizzata dal Movimento Nonviolento e caduta sul 10 gennaio perché compleanno di Alba Avesini, traduttrice, poetessa, moglie di De Angelis, lei che «fino alla sua scomparsa mi ha accompagnato nella cultura della canzone d’autore». Una cultura fatta d’incontri. «Quello ideale con Luigi Tenco, la sua esattezza fulminante e realistica nell’inquadrare le situazioni anche inconfessate dell’amore. E quelli dal vero. Come Piero Ciampi, un geniaccio che anche nell’ubriachezza manteneva signorilità, tenerezza, ironia uniche. O Paolo Conte, cui feci fare il primo concerto da cantautore qui a Verona, all’ex Teatro Laboratorio, nel ’76. Ma anche Endrigo, Guccini… E poi le donne della canzone. Da Nada alla grande Vanoni, un genio musicale». Tracce di tutti, e di tutte, dentro il documentario. Ch’è un documentario sul lavoro di De Angelis. E, dunque, sull’evoluzione di ciò che ascoltiamo e (forse non) abbiamo ascoltato. Perché, per dire, «adesso si parla tanto di rap, ma ricordiamoci che il genere ha oltre 30 anni e in Italia due artisti che l’hanno saputo utilizzare per giocare creativamente con la parola sono stati Frankie Hi-Nrg e Caparezza».