I «VINCOLI» DEGLI ELETTI
Ha destato molto interesse una delle «regole» imposte ai candidati nelle liste del Movimento Cinque Stelle, di sottoscrivere, all’atto di accettare la candidatura, l’impegno sia di non mutare gruppo d’appartenenza nella Camere a cui fossero eletti, sia attenersi, nel voto, alle direttive impartite dal rappresentante del «Movimento». Un impegno-vincolo che è l’esatto contrario principio dell’articolo 67 della Costituzione, secondo cui «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». La regolaimpegno suscita più di qualche perplessità in fatto di legittimità, e quindi sulla validità giuridica dell’impegno sotto un profilo particolare sul quale nessuno si è soffermato: l’identificazione del «mandante». Invero, l’articolo 1703 del codice civile dispone: «Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra». Nel caso, chi è l’«altra parte» a favore della quale l’eletto s’impegna ad esprimere il voto? Insomma, chi impone agli eletti del Movimento Cinque Stelle come votare?
Evidente che se fosse una specie di demiurgo esterno al Parlamento a dettare le regole del voto ai suoi eletti, costoro non rappresenterebbero più i loro elettori.
Ecco che la storia potrebbe venire in soccorso: la peculiarità del caso fa venire in mente un precedente analogo, verificatosi nel più antico Parlamento (chiamato proprio così) del mondo, il Parlamento della Patria del Friuli, fondato, secondo certa tesi, nel 1144, passato il Friuli «sotto Venezia» nel 1420 come Regione autonoma (la si potrebbe ben definire) dello Stato da Terra della Serenissima. Il Parlamento era formato da tre «Membri»: i Conti, l’Alto Clero e le Città maggiori. Vigeva l’assoluta parità di voto, ma spesso, specie il rappresentante delle Città votava secondo scelte non condivise, con grave disappunto delle altre Città rappresentate. Ed ecco la prima legge della storia del Parlamentarismo di voto vincolato: disponeva il provvedimento del Consiglio dei Dieci del 3 giugno 1569: «Intendemo che nel Parlamento generale della Patria cadauno delli tre Membri ha comodità (è tenuto) di ridursi (riunirsi) a parte e trattar delli loro interessi per proponerli a detto Parlamento»: un preconsiglio di categoria, che vincolava i deputati di ciascun Membro a votare secondo il deliberato della rispettiva maggioranza. Gli attuali Gruppi Parlamentari sono l’omologo dei tre Membri del Parlamento della Patria; se fossero i componenti del Gruppo a decidere come votare, mandante sarebbe il Gruppo e quindi il vincolo di mandato perfettamente valido. E quindi, per restare nell’attualità, non ci sarebbe il problema di un vincolo con un Casaleggio qualsiasi...