Corriere di Verona

Castelvecc­hio, ora tele protette da super sensori

Novembre 2015, trafugate 17 opere

- Enrico Presazzi

Qualche brivido, alla notizia del furto milionario messo a segno ieri a Palazzo Ducale a Venezia, ha sicurament­e attraversa­to anche le schiene di chi, quotidiana­mente lavora al museo di Castelvecc­hio.

Perché la ferita aperta la notte del 19 novembre 2015, nonostante il recupero dei 17 capolavori e le prime condanne, a Verona non si è ancora del tutto cicatrizza­ta. Caroto, Mantegna, Pisanello, Rubens e Tintoretto: un patrimonio che la città di Romeo e Giulietta, dopo il grande spavento, non ha più alcuna intenzione di farsi portare via.

Ed è per questo che la giunta Sboarina, lo scorso 13 dicembre, ha annunciato di aver stanziato un finanziame­nto di 85 mila euro per l’installazi­one di un nuovo sistema di sicurezza ultramoder­no, dotato di sensori di ultima generazion­e in grado di rilevare non solo l’asportazio­ne, ma persino il minimo movimento delle tele esposte. Inoltre, il moderno dispositiv­o, è capace di segnalare anche eventuali tentativi di rimozione dello stesso sistema d’allarme.

Ma la domanda di tutti, in riva all’Adige ora è una e una sola. Sarebbe in grado di sventare un caso simile a quello del megafurto messo a segno ieri in laguna? Perché, secondo quanto dichiarato dal questore veneziano Danilo Gagliardi, la banda di malviventi entrata in azione a Palazzo Ducale, sarebbe riuscita a ritardare l’attivazion­e dell’allarme, riuscendo quindi ad agire e dileguarsi indisturba­ta. Alla presentazi­one del nuovo sistema adottato a Castelvecc­hio, la Direzione Museale aveva garantito che si trattava di un apparato «dotato di caratteris­tiche di sicurezza, di qualità, di durata e di affidabili­tà affini ai migliori standard presenti nei musei internazio­nali».

E il sindaco Federico Sboarina aveva messo in evidenza il fatto di trovarsi di fronte «a un nuovo investimen­to sulla Cultura, come abbiamo promesso in campagna elettorale e come stiamo confermand­o anche con scelte come questa».

Un intervento espressame­nte richiesto dalla Sovrintend­enza, proprio a seguito della rapina di due anni fa, come ricorda la delibera di giunta nella quale si puntualizz­a che l’allarme sarà attivato su una selezione delle opere presenti nel polo museale, indicate dalla Direzione e comprenden­ti i 17 dipinti a suo tempo trafugati.

Un blitz architetta­to a tavolino da una banda italo-moldava che aveva approfitta­to della compiacenz­a di una delle guardie giurate in servizio al Museo, Francesco Silvestri, condannato in appello a sei anni e otto mesi. L’indagine della squadra mobile e del nucleo tutela patrimonio artistico dei carabinier­i, coordinata dal pm Gennaro Ottaviano, era partita dall’analisi di migliaia di frame immortalat­i dalle telecamere cittadine. Così si era riusciti a individuar­e i furgoni e l’auto della guardia giurata utilizzati dai malviventi per trasferire le opere in un deposito a Brescia. Il 15 marzo del 2016, erano scattati gli arresti: ma dei quadri nessuna traccia. Solo mesi più tardi, l’11 maggio, le tele erano state recuperate in Ucraina, vicino ad Odessa. Il gemello di Silvestri, Pasquale Ricciardi è stato condannato a 7 anni e 4 mesi; la compagna di quest’ultimo Svetlana Tkachuck a 6 anni. Cinque anni, infine, per il «trasportat­ore» Victor Potinga, mentre Anatolie Burlac (figlio) e Denis Damaschin avevano patteggiat­o rispettiva­mente un anno e otto mesi e tre anni e quattro mesi. Per rivedere i quadri a Verona, però, si era dovuto attendere fino al 23 dicembre del 2016.

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