Erano quattro, gioielli rubati in tre secondi
Furto di gioielli nel Palazzo dei Dogi, i ladri ripresi dalle telecamere. «La teca scardinata con un pezzo di plastica»
Le telecamere hanno ripreso due uomini in azione, ma non hanno fatto tutto da soli. All’interno avevano uno o, addirittura, due complici che li hanno aiutati a completare il furto in appena tre secondi. Gli inquirenti ne sono sicuri. Il blitz alla mostra sui gioielli dello sceicco Al Thani è stato fulmineo. Lo dimostra il video del colpo. La teca sollevata con un grimaldello di plastica.
Le telecamere hanno immortalato due uomini in azione, ma non hanno fatto tutto da soli. All’interno avevano uno o, addirittura, due complici che li hanno aiutati a completare il furto in appena tre secondi. Il tempo di infilare la mano sotto la teca, aprirla e mettere il bottino in tasca.
Ad avvalorare questa ipotesi ci sarebbero almeno due elementi. L’allarme, che è stato ritardato di un minuto, e il fatto che proprio all’interno sarebbe avvenuto lo scambio dei gioielli: una spilla e un paio di orecchini che i due «Lupin» della laguna, dopo aver prelevato da una teca della mostra dedicata ai «tesori del Moghul e dei Maharaja», avrebbero consegnato a qualcuno prima di lasciare Palazzo Ducale indisturbati. Il questore di Venezia Vito Danilo Gagliardi non ha dubbi: quello di mercoledì mattina è «un furto su commissione».
I gioielli in oro, platino e diamanti che valgono tra i due e i tre milioni di euro sono stati rubati da un espositore che conteneva anche una collana che, però, i banditi non hanno toccato. Forse perché interessati alle pietre ricavabili e rivendibili smembrando la spilla e gli orecchini. Tutto è accaduto intorno alle 10 dell’ultimo giorno di apertura della mostra quando i visitatori erano poco più di un’ottantina.
Le telecamere hanno ripreso due uomini sulla quarantina, entrambi con giubbotti double face, berretto e sciarpa davanti a una teca all’interno della Sala dello Scrutinio, molto vicina all’uscita, che conteneva preziosi di proprietà dello sceicco qatariota Hamad bin Abdullah Al Thani. Di sua proprietà sono anche le teche (le stesse usate nelle precedenti esposizioni a Parigi e New York).
L’ipotesi — come per altro si percepisce dalle riprese delle telecamere di sicurezza, che ieri sera hanno cominciato a circolare — è che uno dei due banditi abbia infilato la mano sotto l’espositore e forzato la serratura, forse utilizzando un pezzo di plastica (se fosse stato di ferro non avrebbe oltrepassato il metal detector all’ingresso). Un’operazione durata solamente tre secondi. Un tempo «sospetto».
Il che porta gli investigatori a pensare che la teca fosse già pronta per essere manomessa o, magari, aperta e per questo le indagini saranno riguarderanno anche le operazioni di montaggio. «Un modus operandi tecnologico — ha spiegato Gagliardi —. Sono riusciti anche a rallentare l’impulso dell’allarme».
Quando è stata aperta la teca il segnale luminoso all’interno della sala si è attivato ma l’impulso alla centrale di sicurezza del palazzo Ducale è arrivato circa un minuto più tardi. Difficile ipotizzare se questo rallentamento sia stato completato manualmente da un complice o se per provocarlo i ladri abbiano utilizzato uno strumento apposito. Nessuno, comprese le guardie, si è accorto di niente.
Il dispositivo di sicurezza della mostra comprende due vigilanti armati della società «Axetea» e tre guardiasala. Chi in quegli attimi stava sorvegliando la Sala dello Scrutinio stava guardando in un’altra direzione e non si è accorto della mossa fulminea dei banditi che, subito dopo, sono usciti da palazzo Ducale seguendo il percorso. Non prima di essersi liberati del bottino che è possibile abbiano consegnato a qualcuno all’interno, per non rischiare.
La coppia si è diretta verso le procuratie, non potendo attraversare piazza San Marco a causa dell’acqua alta, ed è possibile che si sia incamminata verso Rialto. Oltre a quelle esterne gli investigatori della squadra mobile, guidati da Stefano Signoretti, stanno vagliando le immagini registrate dalle telecamere nei giorni precedenti al furto all’interno della mostra, per comprendere se i banditi abbiano eseguito un sopralluogo. Il furto era stato pianificato nel dettaglio e a lungo, forse da mesi. Le tracce lasciate dai ladri sono poche.
«Le direttrici d’azione sono quattro — ha spiegato ieri il questore —. Riteniamo che un’operazione del genere, un furto mai capitato a Venezia, non possa essere stata portata a termine solo da due persone». Anche per questo ieri è arrivato in laguna il team che recuperò i quadri rubati a Castelvecchio: gli esperti dello Sco (Servizio Centrale Operativo), diretti da Alfredo Fabbrocini e dell’E.R.T. (Esperti Ricerca Tracce) del servizio di polizia scientifica di Roma per tutta la giornata hanno passato al setaccio ogni angolo dell’esposizione.