Marini, da Castelvecchio a Venezia «Imprevedibile come un attentato»
Già a capo del Museo depredato a Verona e ora all’Accademia: «Rivivo un incubo»
«E come si fa a prevedere una cosa così? In bilico fra sfida e follia? Furti di questo tipo somigliano, per certi versi, agli attacchi terroristici: sono del tutto imprevedibili, agghiaccianti e, nonostante questo, non possono piegarci al terrore». Paola Marini, oggi direttore delle Gallerie dell’Accademia, due passi da Palazzo Ducale, teatro due giorni fa a Venezia di un furto clamoroso, cinematografico, parla con cognizione di causa. C’era lei, la notte del 19 dicembre 2015 ad aggirarsi, sgomenta, fra le sale del Museo di Castelvecchio di cui era a capo. Alle pareti diciassette vuoti inimmaginabili: erano sparite altrettante tele. A scorrere l’elenco si ritrovano Il Giudizio di Salomone di Tintoretto e sempre del maestro veneziano anche la Madonna allattante e il Ritratto d’Ammiraglio. Poi, ancora, una Sacra famiglia di Andrea Mantegna, la misteriosa Dama delle licnidi di Rubens e la dolcissima Madonna della Quaglia di Pisanello fra gli altri. «Appena ho saputo del colpo a Palazzo Ducale - racconta Marini - ho provato un dolore immenso e un senso di solidarietà fortissimo con i colleghi, in primis con la direttrice dei Musei Civici Veneziani. Sapendo, per esperienza, come ci si sente e quanto si è presi in questi momenti, ho affidato la mia solidarietà a un messaggino a uno dei suoi collaboratori». Non è solo solidarietà bensì esperienza sul campo quella che fa dire alla donna che guida le Grandi Gallerie dell’Accademia che la sicurezza era più che sufficiente: «Era una situazione copertissima, da tutti i punti di vista. Fa rabbia perché nonostante tutti gli sforzi messi in campo, nonostante il grande apporto dei prestatori dal punto di vista della sicurezza è successo comunque. Così come per Castelvecchio, credo che anche qui si tratti di una pulsione sospesa fra sfida e follia. Rubare quei gioielli da Palazzo Ducale, nel cuore della città, è un gesto eclatante. Stavolta non è un problema di fondi, le precauzioni prese erano adatte a una mostra con valori altissimi. Eppure funziona così anche nella nostra nuova normalità: a volte succede. Certo, non significa che dobbiamo abbassare la guardia ma tant’è». La notizia dei gioielli scomparsi da Palazzo Ducale ha funzionato come una dolorosa macchina del tempo per Marini, riportata, spiega, a quella terribile notte di due anni fa. «A Castelvecchio ho vissuto momenti terribili, la terra ti si apre sotto i piedi quando succede una cosa così. Certo, qui la situazione è molto diversa sia per il numero delle opere che per il loro valore identitario. A Verona è stata rubata l’anima del Museo, l’anima della città». Il ricordo, quasi al rallentatore, di quella sera è un film che inizia a una cena istituzionale con il questore e il prefetto, fra gli altri del capoluogo scaligero. «Ad un certo punto, vista l’agitazione generale, ho pensato dovesse essere successo qualcosa - spiega il direttore ma avevo il telefono spento, poco dopo ero al museo, giravo da sola fra le sale vuote e la sensazione che fosse crollato il mondo». La speranza di Marini è che si risolva tutto in fretta: «A Verona sono state preziose le riprese delle telecamere di sorveglianza - conclude - sono certa che sarà così anche per il Ducale».