Metal detector e perquisizioni, ma tante sale sono senza sorveglianza «Siamo pochi»
Due giovani americani non riescono a stare fermi un secondo, «can’t we move on?» (non ci possiamo sbrigare?), strillano. Ma nessuno risponde loro e, allora, smartphone alla mano largo ai selfie sotto il colonnato, per non sprecare il tempo in coda. Un gruppo di francesi si spazientisce ma non si lamenta per l’attesa, mentre una famigliola di Napoli - mamma, papà e due figli cupi in volto perché di entrare in un museo, è evidente, non ne hanno alcuna voglia - commenta: «Meno male che non siamo venuti ieri (mercoledì, ndr) con quello che è successo, sai che incubo». La coda è lunga, non lunghissima come nelle afose giornate estive, ma anche a gennaio i turisti a Venezia sono tanti e l’attesa pure. La fila di ieri al Ducale, però, così lenta ad avanzare, fa capire che qualcosa, a palazzo, è successo. «Ma quanto ci si mette», protesta una milanese. «Signora, c’è stato un furto», replica scocciata una veneziana. Pochi in coda però lo sanno: «Un vol? Un furto? Je ne
savais pas, non sapevo», dice un francese. Ma è quando si arriva all’ingresso, alla porta del Frumento, che si tocca con mano la tensione che è calata sull’ex casa del doge: un dipendente fa aprire le braccia a croce a tutti e con un metal detector controlla che nessuno introduca oggetti proibiti. «Il cappuccio della felpa, per favore, lo tolga», chiede ad un giovane. E ad ogni «bip bip» dello scanner su zainetto e borse le fa aprire. Uno, cinque, dieci. Il collega che gestisce la fila si innervosisce: «Non possiamo accelerare?». La risposta è caustica: «Certo, se fai arrivare altre due persone, sono solo e servirebbero almeno tre di noi qua».Il giorno dopo il furto, la tensione si tocca con mano al Ducale, soprattutto tra il personale. «Siamo in 31, io devo verificare che non accada nulla in 4 sale - racconta un guardasala - tra tagli alle spese e appalti al ribasso, la situazione è drammatica, facciamo il possibile ma non basta». Eppure passate le forche caudine dei controlli iniziali, tutto, dentro il palazzo, cambia. Sarà l’imponenza dei quattro piani di stanze, saloni e celle, sarà la magia della «scala dell’oro» dove non c’è turista che non rimanga a bocca aperta, ma all’interno del museo la visita procede come se niente fosse successo. In barba ai divieti di fare riprese e scattare foto, tutti immortalano le meraviglie del palazzo. Nessuno interviene, anche perché ci sono intere stanze senza controlli: a vegliare sull’appartamento del doge (10 sale) sono in due e nella sala del Maggior consiglio non c’è nessuno. Per non parlare delle prigioni, che solo per il senso di claustrofobia che incutono meriterebbero un presidio fisso. «Non allontanarti, ho paura», dice una donna al marito e intanto dribbla un visitatore entrato con il sacchetto della spesa. Nella busta del supermercato si intravedono succo di frutta, pane e una confezione di petti di pollo. Nessuno deve avergli detto di deporla al guardaroba. Alzando lo sguardo ai loggiati, dalla scala dei Giganti, si intravede qualche movimento, sono le guardie giurate che fanno la spola tra sale e cortile. Ieri pomeriggio, al lavoro, erano in sei. «A chi chiedo un’informazione? - domanda in inglese un turista non particolarmente educato - Non trovo nessuno, ho visitato musei in tutto il mondo e solo in Italia c’è così poco personale e poi magari c’è chi si chiede com’è possibile che ci sia stato un furto». Due cordoni da museo, limitano l’accesso alla sala dello Scrutinio, qui fino a mercoledì era ospitata la mostra «Tesori dei moghul e dei maharaja: la collezione di Al Thani» ed è lì che è avvenuto il furto di quattro preziosi gioielli. «Sono venuta solo per vedere se quei delinquenti avevano danneggiato il palazzo - dice Luisa, veneziana di Cannaregio - per fortuna, è come se nulla fosse accaduto». Fuori è diverso. In mattinata, in bacino, c’è stato fisso un motoscafo dei carabinieri e per ore i poliziotti sono entrati e usciti dal Ducale per altri rilievi. «Ora qualcuno capirà che serve più personale», sbottano due lavoratrici.